— 180 — XI. Ma frattanto la guerra fra le due potenti republiche di Genova e di Venezia era pur troppo divenuta un duello polla vita e la morte. In questo tentativo di distruggere la sua rivale, Genova aveva trovato facili alleati nel re d’Ungheria, nei duchi d’Austria, nei patriarchi di Aquileia e nei signori di Carrara, tutti rivali di Venezia e gelosi della sua potenza e ricchezza. All’aprirsi della primavera del 1379, l’ammiraglio veneto Vettor Pisani, dopo d’avere scortato un convoglio di navigli mercantili diretto alla Puglia, e sostenuto felicemente uno scontro coi Genovesi, era ritornato alla sua stazione di Pola. Mentre egli se ne stava colà intento a riparare ai guasti delle suo navi, comparve improvvisamente il 7 maggio dinanzi al porto un’ armata genovese sotto il comando di Luciano Boria, composta di 25 galere, delle quali una parte, non veduta dai Veneziani, si pose in agguato fra gli scogli e nel vicino porto di Veruda, mentre le altre si avanzarono a sfidare a battaglia il nemico. Il Pisani, stante le condizioni della sua squadra, voleva si attendesse il ritorno di Carlo Zeno mandato in Levante; ma i comandanti delle navi vollero la pugna. Furioso fu l’attacco d’ambo le parti, e lungamente dubbioso 1’ esito del combattimento. Già le navi genovesi, vivamente incalzate dai Veneziani, cominciavano a cedere, quando le altre navi nemiche, uscendo dall’agguato, piombarono compatte addosso ai legni veneziani, i cui comandanti sbalorditi dall’ inaspettato attacco non seppero riordinarsi, e furono interamente sconfitti. Grande fu il cordoglio dei Parenzani quando verso sera videro entrare nel loro porto le poche navi salvatesi dalla distruzione, e poco dopo sopraggiungere l'ammiraglia col Pisani; grande lo spavento nei giorni seguenti quando seppero che Pola era stata saccheggiata ed arsa in gran parte, ed udirono clic la stessa sorte era toccata a Rovigno, a Grado, a Caorle, e che Umago s’era arresa ai Genovesi. Tutti però