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fiero colpo per la chiesa parentina, che il vescovo ebbe bisogno della protezione del conte Mainardo .... suo nemico. Nel 1225 il vescovo Adalpero doveva permettere che il Comune di Parenzo facesse la ricognizione delle sue terre. Nel 1252 infine cominciarono le usurpazioni dirette dei fondi vescovili fatte dal Comune sotto i vescovi Giovanni e Ottone. Ma si noti bene che finora gli usurpatori furono gli stessi podestà patriarchini. Tanto più sintomatico è quindi il caso, che un comune retto da un podestà semi-ecclesiastico combatta contro una chiesa, nè ciò bastando invada la cattedrale e rubi — come dirò ancora — nel 1258 tutto l’ingente tesoro della basilica. È un colmo ! E se vediamo insorgere il vescovo Ottone e insorgere fierissimamente, contro siffatto sacrilegio, davvero dobbiamo dargli ragione. E i patriarchi?
I	patriarchi ridevano, se pure non facevan peggio, come vedremo.
    Però un gran passo falso era stato quello del vescovo Adalpero, sebbene fosse fatto in buona fede. Dacché il Comune per quasi un secolo e mezzo s’era sempre incaponito, e non a torto, che il vescovo e la chiesa parentina presentassero un documento — uno solo — che provasse perentoriamente il diritto vescovile sul dominio secolare di Parenzo, Adalpero aveva manipolato nel 1222 il privilegio eufrasiano, e pur presentando diritti reali e veri, acquistati dai vescovi nei secoli posteriori ad Eufrasio, aveva attribuito, nel documento così manipolato, ad Eufrasio stesso tutti i diritti di possesso e di potere secolare della chiesa parentina. I diritti (almeno quelli di possesso) erano originari, ma il documento era spurio. Ciò bastò ad esasperare il Comune e a farlo commettere delle vere angherie contro la chiesa parentina sotto i vescovi Ottone e Bonifacio, che palmo a palmo dovettero contendere al Comune il loro potere temporale su Parenzo, ma senza effetto, perchè il Comune rimase libero padrone di sè ed oltrecciò carpì ai vescovi molte possessioni.
    La lotta si fece veramente atroce dopo il 1267, cioè dopoché Parenzo s’ era data a Venezia e a Podestà di Parenzo vennero per legge designati dal Doge nobili veneziani, i quali, seguendo l’idea di Venezia, che esaltava e amava la
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