— Ili — cimento gi’ande che metteva i loro beni e la loro potenza in balìa dei feudatari e dei vassalli stessi. Ricorderò soltanto le aspre e lunghe lotte dei vescovi Uberto e Pietro con i conti Mainardi di Gorizia, loro avvocati e feudatari, fra il 1158 e il 1194, spinte al segno che presso s. Eleuterio il conte si accampò minaccioso con i suoi soldati ; le lotte del vescovo Adalpero con Morifiorito di Castropola del 1224, che entra a forza in Parenzo viola 1’ episcopio e gitta a mare le carte deH’archivio che avrebbero chiarito la quistione delle decime di Docastelli. In realtà il pomposo cumulo di feudatari e vassalli possenti e pittoreschi, circondanti il seggio comitale della chiesa di Parenzo, fu la prima causa del depauperamento e del decadimento della potenza vescovile parentina. Tuttavia l’intima ragione di tale decadenza va cercata nel soverchio brigarsi degli ecclesiastici nelle cose politiche e nel soverchio preoccuparsi dei laici nelle religiose. Ma mentre la chiesa parentina, in possesso di vaste e-stensioni di terreni, signora di molti e ricchi feudi, di ari-manni e di coloni, munita d’un’autorità spirituale resa onnipotente dal fervor religioso dei fedeli, cresciuto e divenuto più sincero dopo il 1000, si poteva considerare la padrona di Parenzo, i suoi vescovi non s' erano accorti di due altri fattori che si levavano insieme ai feudatari e agli avvocati a’ suoi danni. Questi due fattori erano il patriarca d’AquiJeja e il libero Comune italico. Premetto che durante la lotta per 1’ investitura, cominciata contro Enrico IV dal grande pontefice Gregorio VII, i vescovi di Parenzo non brillarono per energia. Sarebbe bello il poter vederli prendere le parti del diritto e porsi dalla parte di papa Ildebrando, ma non si può. E mentre il patriarca Sicardo d’Aquileia, ad onta che il 3 aprile 1077 Enrico IV gli avesse confermata la dignità di principe immediato dell’ impero, l’avesse investito dei diritti feudali su tutto il Friuli e 1’ 11 giugno 1077 l’avesse infeudato della Carniola e dell’Istria nella dieta di Norimberga, fu fedelissimo al papa Gregorio VII finche mori (il 12 agosto 1077), i vescovi di Parenzo nulla fecero per alienarsi 1’ animo dell’ in-