— 161 — ambizioni altrui, ancorché coperte dal manto della religione, e continuava a starsene ritirato nella sua cella, ove si aveva fatto costruire un piccolo aitare, beato nella sua solitudine. Neppure gli sforzi del vescovo di Pola per indurlo a portarsi presso di lui, ove avrebbe potuto essere di maggiore edificazione ai fedeli di quello che rimanendo chiuso nel suo eremitaggio, valsei’o a smuovere il santo dal suo proposito. Se non che, dopo qualche tempo, alcuni monaci del convento di Bifurco vennero a lui, mandati dai confratelli, per chiedergli come, vivendo in un eremo, si potesse resistere alle tentazioni del demonio. Ed il Santo rispose loro : Ora appunto sto scrivendo sulla pugna dei demoni ; vi darò lo scritto, o forse verrò io stesso con voi. All’ udire queste ultime parole, i monaci di Bifurco gli si gettarono ginocchioni pregandolo che non indugiasse di venire, e con tanta insistenza lo supplicarono, eh’ egli, già nel giorno seguente, cedendo alle loro istanze, mandò a cei-care una barca per partire. Quando il vescovo di Parenzo conobbe il divisamento del santo, n’ebbe grande rammarico, ed incontratosi nei monaci che andavano in cerca della barca, li apostrofò con ogni sorta di contumelie, e mandò in pari tempo a tutte le barche che si trovavano nel porto 1’ ordine che interdiceva irremissibilmente il ritorno a chiunque si fosse permesso di trasportare altrove S. Romualdo. Ma alla mattina seguente all’ albeggiare due legni giunti allora allora in porto, accettarono di trasportare a Caorle il santo ed i suoi compagni, e così questi poterono abbandonare indisturbati la nostra città e la nostra provincia. VI. I decenni seguenti scorsero tranquilli per le nostre città marittime intente ai loro commerci su ambedue le rive dell’Adriatico, e resi sempre più sicuri dalla crescente potenza di Venezia. Nè certo senza commozione, i nostri nel 1096 videro attraversare l’Istria le schiere dei conti di Tolosa e del legato pontificio il vescovo Ademaro di Puy diretti in Terra santa; 11