— 174 — Conchiusa a Venezia la pace fra la República ed il patriarca l’8 marzo 1285, neppure allora il vescovo Bonifacio potè fare ritorno alla sua sede, ma dovette attendere sino al susseguente mese di settembre ; essendoché non solo erano i Parenzani quelli che non lo volevano, ma anche il patriarca di Aquileia Raimondo gli aveva interdetto di restituirsi alla sua diocesi. Lo sapeva a lui ostile per i diritti di supremazia su Parenzo e sugli altri possessi della chiesa parentina. E di fatti, essendosi stabilito nella surricordata pace conchiusa fra Venezia ed il patriarca di sottoporre ad un giudizio di arbitri la questione di possesso su Parenzo. Rovigno, Montona ecc., il vescovo Bonifacio contestò al patriarca-marchese d’Istria il diritto di disporre di Parenzo e delle altre terre, poiché queste erano della chiesa parentina ben prima che qualsiasi patriarca di Aquileia avesse avuto nulla a fare coll’ Istria. Da ciò violenti contese fra i due prelati: da ciò ripetuti atti ostili del patriarca contro il vescovo Bonifacio, dei quali questi si lagnò in publica adunanza del clero e del popolo di Parenzo convocata nella cattedrale il 14 marzo 1286 per dare lettura delle costituzioni del patriarca contro i detentori dei beni delle chiese. Perchè fossero comprese dal popolo, la protesta e le costituzioni furono dette e lette in lingua volgare — dixit suprascripta verba in vulgari et legi fecit. Le lotte intestine, la guerra combattuta sullo stesso territorio della chiesa parentina, l’avevano immiserita in modo — adeo destructa dice il documento — che Bonifacio si vide costretto il 16 dicembre 1285 a dare in pegno parte dei suoi possessi per avere ad imprestito il denaro necessario alle spese più urgenti. Nel gennaio 1291 ottenne — multis laboribus et expen-sis — dall’imperatore Rodolfo la conferma del giudicato del marchese d’Istria Bertoldo del 1194 — quod totum territo-rium quod comune Parentinum possidet et tenet, habet ab Ecclesia Parentina — che tutto il territorio che il Comune di Parenzo possiede e tiene lo ha dalla chiesa parentina. Al privilegio imperiale il podestà veneto rispose con uno statuto per il quale a chi per sette anni possedette delle terre appartenenti alla chiesa, non poteva essergliene richie-