che, essendo unica nella sua poesia, la si riporta qui per intero : Anzitutto ci è madre, si china sopra la culla — ci addormenta cantando, ella stessa non dorme di notte, — ci nutre, educa è difende dagli artigli del destino — e con un sorriso appiana vie asprissime. Il fiore ha bisogno di essere innaffiato e cerca un giardiniere : — sulla spalla di un uomo si china una testa, graziosa — (prenditi dalla bufera ciò che lo zeffiro dell’amore non dà !) — e attende baci e attende carezze. Eppoi è la sorella che zitta, zitta cammina con noi, — con occhi teneri, prima che il tumulo ci ricopra, — ci seppellisce piangendo, adorna di fiori la tomba — e nel suo cuore afflitto vive la nostra immagine (a). Grandi problemi, all’infuori di quello sociale e nazionale, localizzati anch’essi, il Bezruc non trattò nella sua poesia. Il problema religioso, che certo egli deve aver affrontato e superato un giorno, lascia in lui poche tracce e non riflette segni di lotta, di meditazione profonda. Dai ricordi suoi giovanili trapela un raggio di fede (1), che poi ritorna in una delle sue primissime poesie, quando, per intercessione di un pio sacerdote, domanda a Dio aiuto per il suo popolo derelitto (2). Una parola di fede in Dio appare ancora nell’esortazione lanciata agli oppressi perchè sperino e preparino la riscossa (3) : ma è più un modo di dire, una frase convenzionale, di quello che espressione sincera di fede, motto- di colui che crede e prega. Invece già da giovane il Bezruc appare preso da « idee gelide », provato nella « lotta spirituale », « cinico, stoico », nemico' di idealismi perchè « gli ideali stanno nelle stelle e quando vengono strappati da lì cessano di essere ideali » (4). Nella sua opera poetica il grande trapasso figura compiuto da un pezzo ed egli si presenta apertamente col suo cinico (a) Zivot Seny, Z listù Petra Bezruie Janu Herbenovi, ed. M. Herbenovà, pag. 27: la poesia è stata scritta nel dicembre 1928 per la signorina Sylva Macharovà, ma certamente è ispirata dalla figura nobile della sorella del Bezruc, che da più anni condivide con lui tutti i suoi dolori e su cui il poeta si espresse si teneramente nel suo testamento, cfr. H. Bulìn, op. cit. 69 s. (1) Hrabyfi, ed. cit. pag. 80. (2) Domaslovice, edita da V. Masìtìnek, op. cit. pag. 129, e da M. Her-P.ENOVÀ, op. cit. pag. 7. (3) Oni a my, ed. cit. pag. 97. (4) Così il Bezruc si esprimeva di sè stesso nel 1885, cfr. J. Kunz, Kus ceského iivota, pag 40 e 41. * 48 *