_ 64 — niera di sentire e di perpetuare la nostra lingua al punto in cui era giunta, di farla rinascere, per così dire, dalle sue ceneri, senza pretendere di sopprimerne la storia e di ridarle ima verginità impossibile, siccome, in un modo o nell’altro, credettero di potere i grammatici del secolo scorso, e la immiserirono, Leopardi chiamò elegante e la stimò pregio sommo e gloria dei tempi suoi. E quando i Puristi propugnavano il ritorno, senz’altro, al linguaggio aureo dei Trecentisti, Leopardi, che era un classico, non un pedante, e che intendeva scrivere in una lingua non morta, ma sempre viva, si burlò di loro col Martirio dei Santi Padri, ma, per conto suo, ridusse la propria lingua e la propria poesia a un sospiro. Con che, volendo parere il più antico, egli fu in effetti il più moderno dei suoi contemporanei, quegli che meno idoleggiò il passato, neanche per annullarlo, che è la forma d’idolatria più selvaggia.