— 136 — concepirlo non soltanto come un fatto morale prima che politico, ma autonomo, inconfondibile e propriamente italiano : tradizionalista e popolare. Erano talmente gelosi della loro italianità da dimostrarsene preoccupati perfino nelle speculazioni più astratte. Ponevano ogni loro studio a non uscire dai limiti del nostro genio e della nostra coltura, altrettanto fulminei nell’assimilare quanto nell’espellere il pensiero straniero. E più che dalla filosofia, si lasciavano guidare dalla religione, dalla storia, dall’arte, dal senso del linguaggio, dalla memoria dei nostri antichi e fami-gliari costumi. Quasiché essi, colla lucidità propria di chi è situato al principio di un nuovo secolo, antivedessero il pericolo che correva 1’ Italia, d’imbastardire rinnovandosi. Fu in tal modo possibile, per merito di questi bravi uomini, che quel principio di nazionalità il quale, sorto dalla Rivoluzione francese, aveva già fatto capolino da noi, durante e dopo