— 63 — nostra in particolare ; 3) per oltrepassare il concetto vocabolaristico che della lingua s’eran fatto i Puristi e, dietro a loro, i Romantici, e giungere a una grande e storica visione dello stile. Storicamente questa teoria è vecchia da quanto la Poetica di Aristotile. Rinacque nella mente di Leopardi al tempo in cui, giovanissimo, un po’ per elezione propria, un po’ per le sollecitazioni del Giordani, si diè a leggere i Trecentisti, ed è associata indissolubilmente a quelle letture. Fu allora che Leopardi capì che fra il Trecento e noi era passato il Cinquecento, non invano, e s’era formata la lingua nazionale, con tutte le sue dissipazioni secolari le quali ne avevano distrutto il sapore primitivo, in modo che a ritrovarlo, questo sapore, occorresse ormai l’arte più consunta, nè potesse più esser sentito da noi altrimenti che come un piacere squisitissimo e raro, difficile ad ottenersi e quasi illusorio. Questa ma-