— 61 — di dogmatico si ricava dai dettami di Leopardi in fatto di lingua. Egli, coi suoi precetti, ci butta in acqua per insegnarci a nuotare. Onde la sua polemica contro tutti i pedanti di questo mondo, puristi, cruscanti, accademici, toscaneggian-ti, messi in un fascio, la sua difesa della lingua scritta in confronto di quella parlata, e mille altre idee del genere, identiche, nei principii e nelle conseguenze, a quelle del Convito e del De vulgari elo-qucntia. Storia e natura, regola e arbitrio, stile e poesia, si confondono, nel pensiero leopardiano, in un tutto armonioso e splendido, rispetto al quale ogni altra maniera di sentire e concepire la nostra lingua appare barbarica o pedantesca. Rifacendo la storia di questa teoria, non tralasciando di rintracciare i rapporti di essa con tutto quanto il sistema e lo sviluppo letterario di Leopardi, a cui la innestammo, ci accadde di rovesciare l’opinione d’un tal filosofo il quale, per non essersi