402 DELL’ HISTORIA VENETA 165 8 mare, ìnfeguir chi fugge, far la guerra a modo di corfo, alternar le conquìfte, e le perdite, (y in fine vincendo reflar 9 con dtfcapito a guif a di vinti ? Troppo difuguale è la for ^a , con cui la fortuna ci vuole aHeprefe. Colpa innocente della Re-publica, effere vicina a chi non cerca la gi ufi iti a , che ne vantaggi , nè trova ripofo, che ne progrejft. Abbattute le fue Armate , le ve demo in momenti riforgere : efpugnate le pia^e, guadagnate le lfole, ci fparifcono qua fi fubito davanti gli occhi, come fe fufjero fcber%i del cafo, e cleri foni della fortuna. Pertanto di tali progreffi non riportiamo altra mercede, che applau-fi ; e le fcintille, il fumo, le ceneri de luoghi, e de legni incendiati , fanno la parte principale delle noftre conquìfte. Ma dì tal paßo in quanti fecoli giungeremo alla meta prefißa d indebolire Ì Imperio Ottomano, e dì condurlo sformatamente ali hone fta, (j* alla pace ? E incomodato certamente quel Dominio robufto ; fe gli leva il commercio -, fi diminuirono ì datiì, I erario perifce , gridano ì popoli, fi ferifce il fuo decoro , e fi ftrapala la for^a . Ma che ? Con una [correria de Tartari rinforza di /chiavi i armata ; con un fifco arricchifce di fpo-glie i erario 3 e riputando tra fuoi vantaggi il fangue, che fp arge delle milìtie tumultuanti, e della plebe impatiente , tiene per fondamento dì fua grandezza, tanto i ampiar t Imperio con le ftragi de fuoi nemici, che il confervarlo su le ruìne de fuoi popoli ftefjt. Ma noi, che tenemo in mano il polfo debole della Republica afflìtta , confeffiamo pure fen^a adularci, che il fangue fparfo, e i oro fpefo cì fanno temer imminente il delìquio dì for%e. Deb Padri l non lafciamoci ridurre a sì miferabìle flato, che indeboliti, (y oppreffi dobbiamo chieder la pace ; perche i Barbari, fe tentano di abbattere ciò, che refifte, calpeftano tutto quello, che piega. Abbracciamo di grafìa la pace, che cì offerìfcono, poiché non potemo haver per nemici perpetui quei, che tenemo per potenti vicini, 'ÌSLè ci poffono lufìngar ìfoc cor fi, perche quanto fi a no deboli, e lentìa i ifperìen^a pur troppo lunga i infegna. Quei fteffi, che per proprio inter effe dover ebbero trarci dalla neceffta, c invidiano i vantaggi, e la gloriai & ipochi, c hanno alle volte partecipato delle noftre vittorie , ci abbandonano ne’ piiì felici momenti, II Pontefice, non lo nego, ha porto qualche opportuno fovvegno.