— 60 — assurdo. E ammoniva gl’ Italiani del suo tempo essere loro dovere scrivere in una lingua non bella, quantunque morta, ma viva, quand’anche brutta. L’eleganza di I.eopardi infatti non ha nulla da vedere colla purità, proprietà, bellezza della lingua e altre fisime da retori. È cosa, come ci sembra di aver fatto intendere, tutta umana e temporale. Ci auguriamo che il lettore non trovi troppo eleganti, troppo fuori corso, queste idee leopardiane e che qualcuno, più esperto e volonteroso di noi, se ne impadronisca, un giorno o l’altro, per sottrarle all’ interpretazione facilona del critico filosofo contemporaneo, littéral cornine un juif. Aggiungeremo adesso che, all’ infuori di quanto s’è detto e della necessità assoluta di non lasciarsi sopraffare da nessuna moda, da nessun uso, di mettere sempre qualchecosa di proprio, un pimento di virtù in quell’enorme vizio che è il parlare di tutti i tempi, nulla