— 106 — mo che consiste in tutto quanto il De Sanctis non vide o non volle vedere, a cominciare dall’ idea cinquecentesca della lingua. E quello il tempo in cui, per la prima volta, si realizza la promessa d’un linguaggio letterario che Dante definisce illustre e i cinquecentisti chiamavano comune o nazionale e anche nobile. Fatto importantissimo, vivo nella coscienza dei maggiori letterati del secolo, che Leopardi, al solito, non mancò di notare, dove parla dello scadere, nel Cinquecento, del primato linguistico toscano, rispetto alle altre parti d’ Italia. Fatto che, esteso convenientemente ad ogni altra manifestazione artistica e spirituale del Cinquecento, ci permetterà di capire che cosa questo secolo significhi per noi. Fu un culmine, dopo del quale non potevamo che scendere. Non per nulla si chiamò Rinascimento. Prima d’allora l’Italia consisteva in una vecchia e gloriosissima tradizione la quale