238 VITA jy ti prego, il fangue mio. Ottienmi perdono dal mio „ Sovrano, ,e non ci rammentare delle paiTate in-,, giurie. Io lafcierò in pace i fudditi tuoi , e po-„ tendo fervirò loro anche di fcorta . Se mi neghi ,, quella grazia , alpetta da me tutto ciò che può „ far un difperato. Unirò de’complici, difturberò il „ tuo commercio ; fpoglierò i tuoi mercanti , e da „ quefto punto in poi , iè non mi abbadi , io vo-„ to folenniffimo di maffacrar quanti Turchi mi ca-„ piteranno alla mano “. Non è decoro di un Paisà badar a lettere di un aftailìno di ftrada , ma egli non rifletteva alle confeguenze . Socivizca vedendoiì in certo modo derifo dal Paisà, cominciò a sfogariì iopra i iuoi fudditi, per non mancar al voto. Si u-nì dunque per la prima volta dopo lo fcampo a venticinque compagni , e andò verfo Serraglio , molte giornate al di là de’ Veneti confini . Ivi affali una Caravana di cento cavalli, e fettanta uomini . Ufa-rono tutti prudenza in veder Socivizca con tanti fe-guaci, e furono prefti a voltar le lpalle . Un Ebreo iòlo rimafe uccifo, che non feppe fuggire dalla, con-fufione forfè di aver previfto lo fpoglio di una ipro-poiitata fumma di fuo denaro , che portava la Caravana. Socivizca. co’fuoi compagni prefero dennaro 3 e robba di quefta Caravana , quanto ciafcuno poteva portar in doiTo, fenza che gli daffe un grave incomodo il pelo . E perchè la Serenijjìma Repubblica di Venezia non aveife da garantire i fuoi bottini , ed ucci/ioni fatte a’Turchi , non v’ è mai ftato efem-pio, che Socivizca abbia fatto ftrage di elfi loro nelle Venete Tenute. Eifo, ch’era ftato fuddito di tutte, e due le Potenze, Ottomana , e Veneta, cono-fceva a puntina qual differenza pafta dalla barbarie, e Tirannia della prima alla dolcezza , ed umanità della