DE’ COSTUMI Ufan. radere i capelli , lafciando peraltro più dì codino, che i Polacchi, ed i Tartari . Era coftume una volta, e poco, o molto in ciafcun Villaggio fuf-iìfle ancora, che avanti di rader la teda al fanciul- lo, fi chiama un amico, che di votamen telo toiì qualche pocolino» Per quella cerimonia diventa Compare , e per confeguenza parente Spirituale. Una cerimonia così nojoia è molto analoga a quella, che folevano fare i Brami nella India. Ivi in vece del Compare, il Padre, quando fi radeva la teda per la prima volta al fanciullo, diceva divotamente al rafojo; Rafojo, radi il mio figlio, come ài rajo il Sole, ed il Dio Indro. Manco male, che il Compare fra’ Morlacchi non balbetta una ilravaganza , così grande. I Morlacchi anno un trafporto , così ecceilìvo pe* loro vediti, che non li cangerebbono per qualche co-fa di grande. Eglino (limano non eifervi veilito più, nobile al Mondo. Diviene l’obbrobrio de’ fuoi Nazionali il Morlacco, che lo cangia. Corre un proverbio fra e(H , che chi cangia di veilito , cangia anche di Religione * Quindi è da quefto pregiudizio , che i loro Capi poiiòno eifere gli uomini i più giudi del Mondo , fe ànno il vellico differente, non fono (limati da’ Morlacchi » Pare , che in quello non abbiano tutto il torto , e credon di dovere, che i Capi loro abbian a dimoilrar col veilito di chi eifi fonoCapi. Fufatta una doglianza fuque- ilo proposto , ed ella fu anche eia udita . Effa era contenuta in una Canzone, quale perchè defcrive il luffo della noitra Nazione, e lo fprezzo , che anno i Morlacchi per i vediti degl’italiani, (limai bene di tradurla in Italiano , e trafcriverla qui a piedi. Io mi diilacco qualche volta forfè dalle parole dell’Au-tore^ ma non gli altero mai il fentimento. Ve’