DE’ MORLACCHI. 131 fpe/To dovrebbono foggiacere , a motivo della loro miserabile /ìtuazione . Alcune delle loro compoiìzio-ni anno un no fo che dell’Orientale . Per eiprime-re la ferocia di Marco Kraglicvicb , eh’ è quel Campione, di cui più di ogni altro ii fente rifuonar il nome fra eifi, ò udito cantare Jafce Kogna Marco K raglievichiu; S’iednom fmiom Kogna zauzdaic, A drughamu za Kanciu slufei. „ Marco de’Re’ fui fuo deftrier cavalca: „ Una vipera in man per briglia tiene , „ L’altra di fpron gli ferve. Più antiche, che fono le loro Poefie tradizionali, più le pizziccano di quefto gufto. E’ cofa certa già, che il poetare è un particolar dono della Natura, ma fembra che quefto dono non Ca dato ugualmente a tutte le lingue. I Morlacchi di giorno in giorno, e di mano in mano , che fuc-cede qualche fatto memorabile, formano le loro can* zoni colla giuita mifura del verio, fenza faper cofa il verfo Ila . Un Iitorico giudiziofo potrebbe raccoglier dalle loro Poeiie moltiflìme notizie , appartenenti alla Storia della Nazione. La lingua noftraar-moniofa per natura dovrebbe produr degli eccellenti Poeti , fe fapeifero unirvi anche l’arte, ed una volta i più colti ix efercitavano ne’ metri Illirici, quali bene inteii niente invidiano le più perfette Poeiie degl’italiani. Lunga coià farebbe teifer .ora il catalogo de’ noitri Poeti, ma non ii può a meno di non nominare il rinomato, e per fempre immortale Giovanni Goncioìa da Ragufi, II fuo poema di Ojrinan Se-fondo9 meriterebbe ben di veder la luce , fe l’invi* R 2 diòió