DE’ MORLACCHI. 119 te conferva, come alterati certi paffi di alcuni Auffa ifbtefib £iaai JisifiòviÈm ,r H, ,, „ XQÌl i>! On boluìe v ranamì gliutimì » e più fotto Vech gnu date lmoskpmu Kadìi avrebbon fonato meglio all’ orecchio fe fi fcrivevan® nel feguen-te modo, On boluìe ù ranam gliutimi, Vech gnu date Imoskpm Kadìi. edavrebbevi, fecondo il confueto, fatta la fua erudita annotazione . Ma ella farebbe feverità troppo grande il pretendere da eflò così minute nozioni del verdeggiar Illirico . Sarebbe anche molto il pretendere 5 eh’ e’ pofledeffe perfettamente la lingua i ed io mi guarderò di condannarlo per aver egli no-tato , che uxinati lignifica far merenda > quando veramente voglia dir pranzare . Eflo notò pure , che in un verfo fi dovette dire Odjelitife fepararfi , « non Odjeliti feparare > per-; chè ciò era contrario alla buona fintaifi; e fin qui à egli ra» gione . Io poi l’avverto, che il Poeta non averà mai detto Odjeliti, e chc un tal errore è del copifta . l?er non guaftar poi la mifura del verfo decaifilabo, eh’ è quello Odjeliti nikakp ne mogia « per parlar nell’ ifteffo tempo colla buona fintaifi , il Poèta fenza dir Odielitife » come gli infegna il Fortis, potea dir Odjelitfe nikflko ne mogia, Come probabilmente avrà detto, e così fi ottiene c la fintaifi, K e la