226 VITA lunga pezza. Volle il cafo, che i mentovati Padro* ni, eh'erano i tre fratelli, dopo aver fcoilo 1’ , o iia contribuzione dai fuddici de’varj Villaggi loro, aveano cumulata la fumma di dieciotto mila Zecchini , ed andorno ad alloggiare in caia del Socivizca . Elfo allora dille a fuoi fratelli, che che il Padre loro non ne fòiTe perfuafo, ,, ora è tempo di vendi-,, carfi. tc La neceifità , in cui li attrovavano , la certezza dei bottino, la Tirrannia de’Padroni, il ricordo delle paliate ingiurie erano tutte caufe , che perfuafero i fratelli a concorrere nella opinione di Socivizca, e maifacrarono i loro Padroni , ed Ofpiti „ facendo loro fervir di fepoltura una profondiifima folTa fcavata vicino alla cala. Era in quel tempo Paisà di Trebigne un Turco, detto Suleiman , e Fìr~ dm, o Capitanio uno, nomato Palfich . Furono per ordine di quelli trucidati , e fatti (chiavi cinquanta Crilliani all’ incirca, perchè non voleano confelfar di eflfere rei, quando non lo erano . Sulla famiglia di Socivizca non era mai caduto il fofpetto, eh’ ella poteife eifere delinquente. E’ legge fra’Turchi , che di quel Villaggio, in cui manca qualunque fumma di denaro, debbano talfarll i Villici, e pagarla , fe -non la fi trova . Così fu fatto in quello incontro . Ma il luiluriofo veilito, l’orgoglio infolito, la temerità, e l’audacia, che s’impoifeiTarono dell’animo di Socivizca, non Cepperò farli mafeherar 1’aiTalfmio più di un anno. Appena però , che cominciolii mormorare un pocolino , Socìuizcci più che di fretta coniglio i fratelli di metterli in fuga con tutto il foldo, che polfiedevano. Da di là partiti col vecchio Padre, che morì per illrada, arrivarono a Imofchi . Correva allora l’anno MDCCXLV. Ivi comprarono pol-feffioni , fabbricarono una caia, e vi piantarono due Bot-