74 DE’ COSTUMI deggio.no renderla dipinta fopra tutte le altre. In e£* fa iì fcorge inoltre la naturalezza delle lingue antiche . Quando fi parla con una Perfona , non fi adopera giammai il voi, nè l’ella , ma (blamente il tu , maniera di parlare degli antichi Romani, ch’è la più forte, e la più nobile. Il Signore, e 1 ’ lllufiri/ftmo fono titoli ignoti alla incorrotta lingua Slava, come lo e-rano alla Romana , nè fi diceva Signor Celare , Signor Cicerone, Signor Pompeo, bensìCefare, Cicerone, è Pompeo. Si fa, che Tiberio tanto ambiziofo » eh’egli era , non ioffrì mai di eifer chiamato Domine Signore. Io non ini fermo a parlar della fua antichità. Le nozioni di effa fono di già fpacciate in mol-tiffimi Autori, fra’ quali non fi lafcìa di citare il P. Dolci daRaguiì, che ne parlò più diffufamente degli altri. Eilò la fa derivare dai figli di Jafet, da quali fa difeendere anche la noftra Nazione. Confeilò il vero» io temerei di confondermi , a parlar di cofe , tanto lontane. Io folamente oflèrveiò , che fra tante Nazioni, che parlano la lingua noftra , eccettuati i Moicoviti, mi è fembrato, che i Morlacchi confervi-no di antica purità più di tutte le altre. Quindi è* che in Dalmazia convien ricorrere ad effi loro per la vera pronuncia Illirica; nè il abbi an a male per quello i Cittadini di Raguiì» che foli di que’ , che pof-fiedono lingue foreiliere fra noi , non fi vergognano di parlar comunemente, e con molta eleganza anche la propria ; la pronuncia per altro Tempre conferva meglio, chi non poffiede altre lingue , che la nativa, come i noilri Morlacchi. Non è già per quello, eh’effi non abbiano anche di voci , e frafì ilramere . Ma qual è quella lingua , che non ila foggetta a quella fatalità ? Il commercio delle nazioni deve portar neceiTariamente quella confeguenza . Quello è s