189 credere di poter far agire il suo paese in funzione francese e perciò antitaliana. Aderì perciò alla Piccola Intesa che doveva sostituire la Francia nella regione danubiana e in quella balcanica. Per un lungo periodo di tempo la politica estera jugoslava, invece che a Belgrado, si fece — e forse si fa ancor oggi — a Parigi. Ma non ostante l’aiuto francese e quello meno efficace della Piccola Intesa, fu costretto a rivedere il suo programma di politica estera. E si adattò a rivederlo, per non rivedere l’altro, quello della politica interna. Ma le difficoltà non cessarono, anzi aumentarono per la poca buona volontà di fare onore agli impegni : i rapporti italo-jugoslavi, dal 1924 a tutt’oggi, ne sono una prova. Ma seppe trarne pure tutto 1’ utile possibile. La temporanea riconciliazione fra lui e Badie fu la conseguenza dell’ accordo di Roma. Tuttavia, molti dei problemi e non dei meno importanti, come quello di Salonicco e di Fiume, rimasero per forza di cose, insoluti. E anche lui scomparve, esautorato, licenziato dal suo re cui egli aveva donato un grande regno, mentre più violenta ferveva la lotta interna fra le razze affini ma repugnanti, mentre il paese, in seguito alla subdola politica nei riguardi del-1’ Albania e dell’ Italia, veniva completamente isolato, mentre bulgari, greci e albanesi, e romeni seguivano con vivo interesse la grave