184 l’opinione pubblica, e più specialmente col mondo ideale dei romeni di Transilvania, che egli considerò degli annessi per diritto di conquista. Nè 1’ aperto conflitto con Maniu valse a fargli mutare opinione. L’ultima crisi che culminava con 1’ episodio Manoilescu, con gli intrighi anticarolisti e col suo personale intervento nella costituzione della Reggenza, se dimostrava l’immenso suo prestigio e il fascino che egli ancora poteva esercitare sulle masse, poneva altresì in piena luce la debolezza dei suoi metodi di governo. Uomo del passato in politica interna, non seppe uscire, in politica estera, dalla vecchia concezione francofila, per cui la storia europea e quindi del mondo viene subordinata al massimo comun denominatore del dissidio francotedesco e vengono trascurati tutti gli altri elementi di non poca entità. Perciò, nei risultati della guerra vide dal punto di vista europeo una quasi divina vendetta dell’ingiustizia commessa dai tedeschi nel 1870, e dal punto di vista, romeno, la soluzione del problema territoriale del suo paese, nella regione danubiano-balcanica. Non comprese che la guerra, catastrofe elementare, era stata anche una revisione di valori morali, sociali e politici, e che la vittoria dell’ Intesa, di cui beneficiava, in modo insperato, la Romenia, determinava sopratutto una ricostituzione dell’ equilibrio europeo