CAPITOLO QUINTO proprio, e 8e Venezia non avesse preso i congrui provvedimenti non avrebbe esitato ad iniziare una diretta azione energica. Questi gravi e serii ragionamenti sollevarono forte impressione nel Senato. Aspre e forti battaglie furono impegnate fra i Senatori idi diverse opinioni: il Renier aveva proposta la sospensione per passare poi all’aggiustamento dell’affare; il Diedo e Giovanni Emo in successive adunanze proclamarono l’assoluta necessità di togliere di mezzo il Decreto, che aveva dato causa a tanti guai; il Tron sosteneva doversi trovare uno spediente per non sacrificare il decoro della Repubblica (1). Si succedevano continue consulte ordinarie e nere. Bisognava rispondere al Re, e ne fu incaricato Erizzo con ducale 24 settembre 1757, perchè spiegasse come il Senato avesse grave rincrescimento « per le rilevate rappresentazioni sopra il supposto di essersi presa interna deliberazione di mantenere rigoroso silenzio con la Corte di Francia, e giudicare dimesso nel Sovrano qualunque pensiero sopra l’affare romano » (2). Era anche necessario far comprendere a quel sovrano che dal giorno, in cui egli aveva interposto i suoi buoni uffici, nulla aveva fatto la Serenissima per pregiudicare la questione, e che se non si era ancora giunti ad un accomodamento, la colpa era tutta del Papa, che aveva voluto il preliminare della sospensione. Il Senato si riprometteva perfino di inviare alla Corte francese un nobile, accreditato privatamente, per calmare le inquietudini e dissipare gli equivoci (3). « Ci deve essere un equivoco — scrive il Senato in altra lettera lo stesso giorno a Erizzo — non essendosi mai deliberato di prescindere nel controverso affare con la Santa Sede, dalla Francia » (4). Belle espressioni, ma che non trovarono la migliore accoglienza dal Bernis, se, nel ricevere dall’E-rizzo questa comunicazione, il Ministro francese « dopo averlo (1) Arch. Vaticano, Nunz. Venezia, voi. 218, c. 321, 17 settembre 1757. (2) Arch. St. Venezia, Sen. Roma Exp., f. 79, 24 settembre 1757. (3) Il Villefond comunicherà a Rosemberg una lettera del Bernis, in cui scrive: a Sua Maestà è offesa del poco riguardo della Repubblica e se la medesima persevera ancora nel rifiuto della sospensione, la Maestà Sua prenderà quel partito che stimerà più convenevole alla sua dignità ed alle circostanze ». Arch. Vaticano, Nunz. Venezia, voi. 218, c. 341, 5 novembre 1757. (4) Arch. Stato Venezia, Sen. Roma Exp., f. 79, 24 settembre 1757. — 192 —