TENTATIVI E PROVVEDIMENTI PONTIFICI La quasi unanimità, ottenuta in questa votazione che manteneva lo statu quo, può spiegarsi con la speranza che poteva animare alcuni fra i Senatori più anziani contrari al Decreto, che questo passo significasse un tentativo per ottenere qualche-cosa da Roma. Nè è improbabile che lo stato di incertezza in cui molti di essi si trovavano venisse superato dagli strenui difensori delle idee nuove, e dall’influenza che questi potevano avere con la forte perorazione della causa a loro cara: nulla di nuovo poi veniva proposto che modificasse la precedente situazione. Ma sopratutto giova ricordare che la votazione ebbe luogo con un complesso di centosei votanti: data la costituzione del Senato, restava ben al di sotto della metà di coloro, che avevano diritto di suffragio (1). Non è improbabile ritenere che, se l’inclemenza della stagione tratteneva molti Senatori dal recarsi all’aduno, molti altri si siano anche astenuti nonostante le sanzioni, per il disgusto, che provavano, di affrontare una materia così delicata senza alcuna fondata speranza di esito. Così, al Breve ortatorio ed alla paterna sollecitazione pontificia, finalmente fu data risposta con una lettera, che l’Ambasciatore a Roma fu incaricato di presentare al Pontefice. Essa, dal punto di vista formale è uno dei migliori modelli, che possa vantare la stilistica diplomatica. Dal punto di vista sostanziale non ha forse analogo pregio. È espresso il dolore del Senato che forse il Papa non fosse bene informato: si entra qua e là nei vari punti del Decreto, assicurando la rettitudine e la sincerità delle pubbliche intenzioni. Così erano ribadite le ormai conosciute, per quanto sempre apprezzabili dichiarazioni, senza lasciar adito ad un miglioramento della situazione. Benedetto XIV, che, data la gravità dell’argomento, concesse udienza all’Ambasciatore, dopo aver presa visione della copia della lettera e fatte le opportune riflessioni, e preparate le eventuali rimostranze, non tardò a rappresentare al Capello (1) Il Senato risultava di circa duecentocinquanta membri con voto, di una sessantina circa senza diritto di suffragio. Cfr. per la costituzione del Senato veneto: Besta, II Senato Veneziano, op. cit. in Miscellanea di Storia veneta per cura della R. Deputazione di Storia patria, serie II, t. V, Venezia, 1899, pag. 38 e specialmente pag. 110, pure Romanin, Storia do-cum., op. cit., t. Vili, pag. 334. Uno sguardo in Battistella, La Repubblica di Venezia nei suoi undici secoli di storia, Venezia, 1921, pag. 186. — 139 —