CAPITOLO PRIMO dei requisiti necessarii alla valida alienazione dei beni ecclesiastici tc nemmeno si mentova l’intervento del Papa » (1). In realtà secondo questi canonisti l’approvazione del Pontefice è richiesta ad probationem, quindi ove manchi, non si può far luogo (1) L’affermazione qui contenuta è prova evidente che il compilatore del progetto si era appoggiato a scrittori gallicani per suffragare con la loro autorità la tesi che egli voleva sostenere. Ciò spiega meglio la serie di preoccupazioni dell’abate Rocco. Che si tratti d’insegnamento gallicano è fuori dubbio tatito più quando si vuole far credere: 1°) che la Costituzione « Ambitiosae » era destituita di qualsiasi valore; 2°) che la solennità del beneplacito pontificio nelle alienazioni fosse richiesto solo « ad probationem ». La Costituzione « Ambitiosae », (Extrav comm. c. unic. de rebus eccl. non alienandis, III, 4), sulla cui universalità si è fatta discussione (contra Wernz, Jus Decretalium, Romae, 1905, t. I, Introd. tit. XII, § 6, pag. 364 e pag. 365, nota 124) conservava il massimo suo valore. Il progetto parla di beni immobili: essi quindi cadono sotto la sanzione stabilita dal diritto canonico, perchè le cose escluse da quella sanzione e che possono essere quindi alienate sine sol.ennitatibus juris, sono: 1°) le cose mobili non preziose; 2°) i beni immobili di esiguo valore non avendo la costituzione Ambitiosae derogato al canone Terrulas (c. 53, Decr. C. XII, q. 2); 3°) le cose che non possono essere a lungo conservate; 4°) quelle che non devono essere conservate perchè la loro conservazione sarebbe in contrasto con qualche principio essenziale di diritto particolare (cose preziose date a chi ha voto di povertà). All’infuori di questi casi, l’alienazione deve essere fatta, esistendo le cause, con la solennità di rito. Ora delle cause ammesse e sviluppate dalla dottrina (Ferraris, Bibliotheca canonica, Ve-netiis, 1770, t. I, Alienatio art. II, pag. 61) il progetto parla: ma non ammette alla valida alienazione la necessità dell’intervento del Papa. Ciò è non solo contrario alla Decretale citata, ma allo stesso Concilio Tri-dentino (Sess. XXII, c. 11, de Reform.) e a tutta la dottrina del tempo. Constat — scrive Benedetto XIV, (lnstitutionum Ecclesiasticarum, Vene-tiis, 1760, Inst. 69, n. 9, pag. 154) — nihil ex his omnibus (si riferisce alle res pretiosae) aut pignorali posse nisi legitima causa Pontificis aucto-ritate. E il Pirhing, (cfr.: Synopsis Pirhingiana, Romae, 1849, lib. Ili, tit. XIII, sect. 3, § 2) il quale afferma che « spedato jure novo in Extrav. Ambitiosae unica h. t... ad omnem omnium bonorum et rerum ecclesiasticarum alienationem... requiri summi pontificis consensum ita ut nullus sit talis contractus si haec summi pontificis auctoritas non intervenerit ». L’intervento dunque del beneplacito pontificio è richiesto assolutamente dalla Decretale come uno degli elementi essenziali del negozio : ciò risulta chiaro dalle parole « alienanti vero bona Ecclesiarum, monasteriorum, locorumque piorum quorumlibet inconsulto pontifice... » poste in relazione con le altre contenute nella stessa Decretale « si quis autem contra huius nostrae prohibitionis seriem de bonis et rebus eisdem quicquam alienare — 20 —