CAPITOLO PRIMO riore quello che ogni governo deve compiere riguardo al vedere e riconoscere come pubblicare ed eseguire tutte quelle ordinazioni, concessioni e carte, che vengono spedite dalla Corte di Roma, il Foscarini sosteneva essere questo diritto di cognizione e di revisione, essenziale e inabdicabile dal dominio, senza che restasse intaccata la sovranità, la quale ognuno deve riconoscere immediatamente da Dio e tramandare illesa ai suoi successori. Per tale ragione, come negli altri, anche nel dominio Veneto, la sapienza dei maggiori, pur non avendo un vero e proprio ufficio a ciò deputato, anche pel passato provvide con alcune deli- chiamare e per i quali cfr.: Tarquini, Juris ecclesiastici publici institu-tiones, Romae, 1906, e per una visione pure ortodossa ma più recente, Cappello, lnstitutiones juris publici ecclesiastici, Romae, 1907, vol. I, pag. 210 e segg. La concezione invece del Principe protettore e custode dei Sacri Canoni è diversa secondo le teoriche gallicane, perchè esse danno a questa protezione un contenuto che è in contrasto con gli insegnamenti dell’ortodossia cattolica, perchè attribuiscono al Principe competenza di interpretazione delle leggi canoniche e quella più grave di impedirne la loro osservanza agli stessi vescovi, ed una potestà di giudizio circa le nuove leggi della Chiesa che fossero contrarie ai canoni antichi, potestà che si concretava perfino nel non volerle riconoscere se le antiche disposizioni fossero state ritenute migliori delle recenti. Cfr.: Pithoei, Opera Parisiis, 1609, Les libériez de l’Eglise Gallicane, passim. Un concetto e-satto si ha in: Fenelon, Plans de gouvernement concertés avec le duc de Chevreuse, pour être proposés au Duc de Bourgogne (nov. 1711), Oeuvres complètes, Paris, 1750, vol. VII, pag. 182 e segg.: «Les rois protecteurs des canons. Protection ne dit ni décision, ni autorité sur l’Eglise. C’est seulement un appui pour elle contre ses ennemis et contre ses enfants rebelles. Protection est seulement un secours prêt pour suivre des décisions, non pour les prévenir jamais: nul jugement nulle autorité ». Il Falchi, Le moderne dottrine teocratiche, Torino, 1908, p. I, cap. IV, pag. 198, afferma che il Fenelon col « Piano di governo » elaborava un’opera « che implicava un limite vero del potere regio ». La ragione poi per cui mi sembrerebbe aver scartata la teoria della potestas indirecta in temporalibus, più che ritrovarsi come opina Jemolo (op. cit., 1. c.) nelle possibili limitazioni che ne sarebbero potute derivare, deve essere ricercata ancora e sopratutto nel valore stesso della dottrina. È infatti noto, che respinta vigorosamente la teorica della « potestas directa » come contraria ai principi ammessi dalla Chiesa circa le relazioni con lo Stato, le due teorie che potevano contrastarsi erano quelle della « potestas indirecta » sostenuta dal Bellarmino (De Romano Pontífice, Romae 1698, V, c. 6) e quella della « potestas directiva », per cui viene riconosciuto alla Chiesa un potere « di dirigere » il Principe con moniti, esortazioni, con-silii e istruzioni. Di essa il rappresentante più autorevole si disse essere — 26 —