APPENDICE è certo per il fatto, che può amplissimamente giustificarsi, che le leggi allor contradette si sono sempre esequite, e che si esequiscono, scienti essi Pontefici, attualmente. Un caso famoso vi è, in cui la dimanda della sospensione provvisionale fu proposta da Roma alla Repubblica, e fu anche appoggiata dalle due Corti di Francia, e di Spagna prima con efficaci uffici fatti pervenire al Senato per mezzo de’ propri Ambasciatori ordinari; poi anco coll’espressa spedizione di due de’ rispettivi principali Ministri di quelle Corone. Questo fu nella tanto famosa differenza che promosse P.P. Paolo V alla Repubblica nel 1605, e che durò fino al 1607. con quel fervore, che a tutti è manifesto. Ma è da notarsi, che la sospensione che si ricercava non era già all’oggetto, come in presente di trattarne dopo sospese le leggi, circa la Potestà di farle, o non farle; ma si dimandava soltanto una brevissima temporanea sospensione di tre mesi dell’essecuzione di dette leggi affine di dar adito, che il Pontefice potesse con sua dignità rivocar le misure in tal occasione con troppo ardor fulminate contro la Repubblica; lo che fatto, dopo i tre mesi, dovevano le leggi riprendere la sua naturale essequzione. Con tutto questo non fu mai possibile, che il Senato s’inducesse anche a quest’apparenza, a cui finalmente la allora dimandata sospensione si riduceva, e per più e più mesi che durò un tal maneggio, niente si puotè sopra la costanza de’ cittadini ottenere nel proposito di sospender non solo provisionalmente ma neppure apparentemente non già le leggi ma la sola essequzione delle medesime tanto le ragioni della dignità e della libertà pubblica puotero negli animi de’ Senatori; in modo che conosciute dalle Potenze, che s’erano intromesse, le ragioni le quali erano finalmente communi a tutti i Sovrani, si rivolsero al Pontefice, e lo persuasero ad accomodarsi alle oneste dimostrazioni, che salve le leggi medesime in gratificazione delle loro Maestà condiscese il Senato di usare verso sua Beatitudine. Ora se il costume, e la pratica della Repubblica in simili, anzi in più fastidiose congiunture fu di non sospender neppur per breve tempo l’effetto delle sue leggi, durante la controversia, meno per dar al Pontefice un’apparente colore di rivocar con dignità le censure da Lui fulminate, è ben chiaro, che questa pratica obsta alla sospensione delle leggi stesse ricercata in presente, non per colorire la ritrattazione delle ingiurie, che in questa occasione il Pontefice ha fatte alla Repubblica, ma assolutamente per disputar dopo della potestà di farle, e per sostenere una pretensione sempre posta a campo, e sempre ribattuta di voler egli provedere ai modi dell’interno governo de’ sudditi altrui, nella polizia esteriore, che devono osservare in rapporto ai rispetti de’ Domini degli altri Sovrani. Ad una tale sospensione per fine è contraria la pratica degli altri Principati. Savi sono que’ Prencipi, ai quali ora in un incontro, ora in un altro, non abbia la Corte di Roma col pretesto della spiritualità, posta in contrasto qualche loro legge; sono a tutti note le controversie del Pontefice Pio V coi viceré di Napoli e colla Spagna. Cospicue sono quelle, che i di lui successori ebbero per la Monarchia di Sicilia; vanno su tutti i libri quelle, che ebbe Innocenzo XI colla Conona di Francia per la legge delle Regalie — 320 —