LE PROTESTE PAPALI E LE PRIME TRATTATIVE DIPLOMATICHE cato mediazioni di sorta, e lo attestava solennemente al Senato \ eneto lo stesso Ambasciatore a Parigi, Giovanni Alvise Moce-nigo (1). Quando a Roma si apprese la notizia che il Senato proponeva di venire a dilucidazioni in colloqui, si ebbe un senso di sollievo. La diplomazia veneta pareva venir incontro al Pontefice in una maniera ben più ragionevole, nell’accettare cioè le dilucidazioni necessarie ad una reciproca intesa. Monsignor Rota, pur mostrandosi lieto di questa soluzione, fece però noto all’Ambasciatore di Venezia che probabilmente il Pontefice a-vrebbe accondisceso ai colloqui, subordinandone l’accettazione ad una condizione : la sospensione del Decreto. Era un preliminare che il Segretario della cifra diceva « succedere in tutte le contestazioni tra privati e tra Sovrani, che, rivogliemdosi ad esami o discorsi, stabilisce la sospensione degli atti reclamati e sopra quali le querele di una parte conducono entrambi a spiegazioni o colloqui per convenire » (2). Continuando l’esecuzione, insisteva il prelato, continuava l’offesa e forse « la dilazione naturale del maneggio, ovvero promossa con altri oggetti, nendo le doglianze del Papa per il Decreto, aveva soggiunto come sua opinione privata che « potrebbe l’affare obbligare ad impegni o conseguenze simili del secolo scorso che condussero il Re Cristianissimo a prendere parte, interponendosi a riconciliare gli animi e li Principati ». (Arch. Stato Venezia, Disp. Roma Exp., n. 271, 1 marzo 1755). L’Ambasciatore ne riferì al Re che si dichiarò pronto ad assumere la mediazione pur di essere il solo mediatore. Spiacque sinceramente questa iniziativa arbitraria a Mons. Rota, tanto che « languidamente » accolse la risposta del Re, del che fu sorpreso l’Ambasciatore francese, tanto più che lo stesso Segretario della Cifra si dolse che formalmente avesse parlato al Re, non avendone avuto commissione, aggiungendogli inoltre che potrebbe essere obbligato di commettere al Nunzio in Parigi di spiegare l’equivoco suo « onde non progrediscano passi sopra l’inopportuna supposta ricerca ». L’Ambasciatore francese a Costantinopoli, faceva circolare la voce che « Sua Maestà Cristianissima avrebbe anco assunto una mediazione ». Arch. Vaticano, Nunz. Venezia, voi. 217, c. 220, 15 marzo 1755, il che spiega le insistenze fatte dall’Ambasciatore veneto presso l’Ambasciatore di Francia a Roma. Arch. Stato Venezia, Disp. Roma Exp., f. 39, disp. n. 275, 15 marzo 1755. (1) Arch. St. Venezia, Disp. Roma Exp., f. 39. All.: Disp. Mocenigo Amb. ven. a Parigi, 30 marzo 1755 e per la conferma della smentita, Arch. Vatic., Nunz. Venezia, voi. 321, c. 117, 22 marzo 1755. (2) Arch. St. Venezia, Disp. Roma Exp.., f. 39, disp. n. 275, 15 marzo 1755. — 79 —