CAPITOLO SESTO ghiere, vinceva » (1). Giudizio avventato, ed ispirato alle considerazioni che fece più tardi il consultore Montegnacco (2). Non è certamente atto di debolezza far uso del proprio diritto, per togliere di mezzo tutte quelle cause che perturbano l’ordine sociale, e creano un malcontento nei sudditi. Che anzi si potrebbe proprio dire il contrario: con la revoca aver il Senato rimediato ad un atto di troppa debolezza, commesso per suggestione di pochi giovani scalmanati e guidati dal Canonico Consultore (3). Nè si può dire atto di debolezza questa revoca, che lasciava intatti quei diritti dei quali la Serenissima era già da anni in possesso e che si concretavano nell’Exequatur e nel Placet. Vi è poi ancora un altro argomento che prova che il Senato non aveva compiuto atto di debolezza. Se così fosse stato, qual bisogno di deliberare in Pregadi di licenziare il Montegnacco? Deliberazione che fu generalmente approvata anche se qualcheduno avea cercato di sostenerlo, così da ottenergli che gli fosse data una collana d’oro del valore di cento zecchini. Deliberazione che rispondeva a quei sentimenti, che il venerando procuratore Emo aveva espressi in un privato colloquio: « essere cosa buona che fosse allontanato il Montegnacco, uomo così pericoloso e che ispirava massime perniciosissime alla gioventù » (4). (1) Cecchetti, La Rep. di Venezia e la Corte di Roma, op. cit., voi. I, pag. 380. (2) Montegnacco, Apologia alla deliberazione del Senato Veneto, 1754, 7 settembre. Arch. St. Venezia, Consultori in jure, f. 254. (3) Il Battistella, La Rep. di Venezia etc., op. cit., pag. 639, dice che un recente critico chiama saggio e gentile l’atto di revoca del Senato, dietro preghiera di Clemente XIII. Fatte ricerche non sono potuto venire a conoscere chi sia questo recente critico. Il Moschetti, Venezia e l’elezione di Clemente XIII in Miscellanea, op. cit., pag. 33, giudica gli avvenimenti con criterio di letterato quando scrive che la lettera scritta dal Papa è « un documento tutt’altro che politico » e che non fosse tale « lo capirono i romani — continua egli — che se ne dolsero perchè videro nel-l’abassata dignità del pontefice, abassata anche la propria! » Non viene provato nulla ma semplicemente asserito: è una forma di giudizio sentimentale. (4) Arch. Vaticano, Nunz. Venezia, voi. 322, c. 45, 2 settembre 1758. Si noti però che da documento in Arch. Stato Venezia, Sen. Roma Exp., i. 89, 12 agosto 1758, il licenziamento del Montegnacco sarebbe avvenuto — 222 —