CAPITOLO QUARTO niva statuito nel Decreto, quell’autorità si estendeva solo alle poche grazie delle quali esso discorreva. Se poi — continuava il Maratti — il Decreto 7 settembre fu emanato con intenzione di determinare i limiti delle due podestà, non bisognava dimenticare quanto fosse irto di difficoltà lo esperimento di una actio fìnium regundorum in materia. Inoltre se con quella provvidenza legislativa il Senato — come continuamente si asseriva •—- voleva por freno e rimedio agli abusi e ristabilire la disciplina, secondo il Concilio Tri-dentino, la Corte di Roma logicamente avrebbe potuto obiettare al Senato, che, se realmente avesse voluto metter mano con tanto zelo alla riforma, avrebbe dovuto farlo con gli stessi capitoli del Concilio e non già con disposizioni arbitrarie. La consultazione del Maratti, benché fondata sull’autorità del De Marca che è continuamente citato, ha sapore prettamente curialista e rivela qua e là l’influenza ispiratrice dei Superiori. Condotta secondo i criteri che ispiravano gli scrittori di questo periodo, ripeteva argomentazioni conosciute, corroborandole con grande dovizia di citazioni di autori e di esempi tratti dalla storia (1). 7) Le due consultazioni determinarono nuove e lunghe discussioni in Senato e diedero luogo a pareri discordi. Gli uni forse proclivi alle due scritture, e specialmente alla prima, pensavano che si dovessero richiamare le circolari scritte ai Rappresentanti, come contenenti espressioni che potevano dolere e portare amarezza al Santo Padre; gli altri invece consideravano l’opportunità di rinnovare al Pontefice, perchè nulla aveva detto di nuovo, le solite espressioni soffermandosi su una breve dilucidazione degli articoli della deliberazione. La seconda proposta perorata in Senato prevalse ed ottenne novantaquattro voti favorevoli, contro uno contrario e undici non sinceri. Come si spiega ed è conciliabile questo stato di cose, con quanto finora si è detto ed è confermato dai documenti, essere cioè il Decreto sostenuto essenzialmente dai « giovani »? (1) Ai due consultori Prevati e Maratti « in compenso delle loro scritture sia data una medaglia d’oro di cecchini cinquanta per cadauno con l’impronta del cecchino », Arch. St. Venezia, Sen. Roma Exp., f. 75, 20 dicembre 1755. — 138 —