CAPITOLO QUARTO alla fine credette di dover alquanto modificare il suo contegno, pur sempre conservando la massima riservatezza in segno di profondo disgusto. A questa modificazione il Pontefice fu indotto da notizie buone comunicate da Mons. Nunzio proprio in quei giorni. Ma quando l’Ambasciatore lo assicurò che, oltre il foglio rimesso, il Senato non aveva emanato altre deliberazioni, il vecchio ottuagenario, raccogliendo tutte le sue forze,, protestò energicamente, dolendosi molto che si fosse presa una inutile intempestiva deliberazione e si fosse inviata la circolare. In realtà questo passo non si sarebbe dovuto compiere se non dopo averlo concertato di comune accordo, quando cioè egli avesse dichiarato al Senato, di ritenere sufficienti e soddisfacenti le dichiarazioni. Al contrario egli non poteva essere contento nè poteva approvare che « invece di parlare per concertare quanto era necessario per verificare le medesime intenzioni e molto più per togliere le offese inferite, il Senato siasi rivolto a pubblicare la carta stessa, contro la quale aveva ricercato e sperava che Sua Serenità si rivolgesse a compiere col maneggio gli oggetti delle pubbliche massime, cioè a rendere corrispondenti li fatti alle espressioni, riducendo con opportuna correzione ognuno degli articoli nei limiti veri dell’Autorità secolare » (1). La Repubblica non aveva voluto offendere la Santa Sede, ma questa non era che una spiegazione troppo generica : Venezia, che pur tante volte aveva protestato di stare a ragione, non aveva modificato mai la sua linea di condotta, anche quando si erano contestate le offese, articolo per articolo. Benedetto XIV tornava con pazienza a dar spiegazioni sui singoli punti e a dimostrare con ragioni canoniche, quanto fossero fondati i suoi diritti. Entrando nei particolari, aggiungeva a cose dette e ripetute, considerazioni nuove. Quasi in atto di cortese sfida chiedeva, se non fossero materie di assoluta competenza dell’Autorità ecclesiastica e riguardanti la sola disciplina interna della Chiesa, quelle che si riferivano alle dispense per extra tempora, e per interstizi, e per le coadiutorie, « ove l’esame solo deve essere ecclesiastico » (2) e sulle quali l’autorità secolare poneva ora (1) Arch. St. Venezia, Disp. Roma Exp., f. 39, disp. n. 338, 14 febbraio 1756. (2) Arch. cit., 1. c. — 146 —