APPENDICE vede esser molto inconveniente la maniera, con cui loro si procura il rimedio. Non poteva forse bastare al Senato, che non fossero in qualche circostanza eseguiti li Brevi sopra tal materia col negar loro il Regio Exequatur, senza inoltre voler impedire il ricorso al Sommo Pontefice col pretesto della previa pubblica licenza? Poiché negandosi questa, ed i Vescovi non potendo con la loro ordinaria facoltà far la riduzione, non è fuor di ragione il sospettare, che si pensi dal Senato l’arrogarsi l’autorità di fare egli stesso le riduzioni delle Messe. Si accresce anche il sospetto da quella condizione aggiunta dell’ascolto degli Eredi. Se mai così fosse come purtroppo pare che sia per essere, non sarebbe ella questa un’assai avanzata usurpazione della Potestà ecclesiastica, e non si porterebbe la cosa agli estremi? Eppure quanto all’impedire il ricorso in tal maniera al Sommo Pontefice, si vorrebbe far credere, che non si fosse fatta alcuna novità; ed a questo fine si fà il rapporto ad una legge dell’anno 1480, che trovasi registrata nel Libro de’ Statuti Veneti. Questa è l’unica Legge, che si adduce in tutto il Decreto, che per altro si spaccia, come tutto appoggiato alle antiche leggi. Ma neppure questa unica legge per sua disgrazia fa a proposito. Imperocché ella non parla d’altro, che delle commutazioni delle volontà dei testatori, e la: disposizione del Senato parla della riduzione delle Messe ordinate nei testamenti. Qui si tralascia di far esame sopra l’esorbitanza di quella Legge; si perchè non appartiene al punto di cui ora si tratta, come anche perchè di presente non si vuole mover questione sopra qualunque altra legge antica dissimulata, e che non ha relazione al Decreto. Ma non si può tralasciar di riflettere, che se a scanso di qualunque immaginabile inconveniente si fosse creduto spediente che le riduzioni delle Messe fossero fatte in partibus per dar anche commodo agli interessati di esser ascoltati, si doveva pensare al ripiego preso dalla Spagna, cioè d’impetrare dal Sommo Pontefice, che fosse restituita ai Vescovi quella facoltà che era loro stata concessa dal sacro Concilio di Trento nella Sess. 25 de Reformat, al cap.° 4. Si è inoltre fatta nel Decreto la seguente Ordinazione sopra i Regolari: ai Superiori dei Monasteri, Case, Collegi, Conventi, o Congregazioni de’ Religiosi, farete intendere che colVoggetto di preservare nelle Communità loro Religiose la quiete e di levare il fomento alle vanità, ed al rilassamento della disciplina come anco di preservare le ordinanze delle Regole, con le quali i loro rispettivi Istituti sono stati ammessi nei Pubblici Stati, è deliberato, che non sia lecito senza licenza nostra a qualunque persona religiosa cCimpetrare a proprio talento Brevi, o Rescritti di Grazie o di Privilegi ovvero Commissioni le quali facciano effetto di dispensare, ovvero di alterare le Costituzioni de loro Istituti summentovati. Con questa disposizione del Decreto si toglie al Sommo Pontefice la facoltà di dispensare sopra le Regole e Costituzioni de’ Regolari, se prima il Senato non lo permetta. Eppure la podestà che risiede nel Sommo Pontefice per dispensare in tali materie, è tutta spirituale, nè punto dipende dalla — 310 —