L INTERPOSIZIONE DEI PRINCIPI 'Corone e dell’esclusione di Venezia (1). Anzi su questo punto era stata richiamata l’attenzione del Re di Sardegna e del Ministro Osorio. Ora però il lavorìo della diplomazia veneta doveva assumere proporzioni più ampie : bisognava impedire ad ogni costo l’interposizione dei principi, che Venezia considerava non tanto fastidiosa quanto pericolosa. Il Senato si affrettava a dar istruzioni all’Ambasciatore in Francia il 24 luglio, rappresentandogli come l’intendimento del Papa nel ■chiedere la mediazione era quello « che la controversia finisca con l’essere utile a Roma ». Se così fosse, se il tentativo riuscisse nel suo effetto, sarebbe stato ben nocivo per la Repubblica. Era necessario quindi che l’Ambasciatore si adoperasse con modi blandi ed insinuanti cc a fine che non arrivi tal genere di pericolose ricerche, e che lasci destramente comprendere che la vertenza con Roma è una vertenza di giurisdizione sopra l’esteriore disciplina ecclesiastica considerata dalla Repubblica per difendere unicamente le antiche leggi e consuetudini » (2). Questa istruzione rivela la forte preoccupazione di Venezia. L’argomentazione che la Serenissima adduceva per escludere un intervento di terzi era fondata sulla natura della controversia, che non ammetteva la possibilità di essere trattata se non dalle due parti interessate. Era anzi questo il motivo di giustificazione che Venezia portava, poiché essa sarebbe stata la prima a chiedere « con molta istanza la interposizione di un tanto monarca » (3), se l’affare in questione fosse stato di natura differente. Giustificazione, che pare meschina per uno Stato, nel quale pur erano profondi conoscitori del diritto, 'che avrebbero dovuto anche sapere quale fosse nella dottrina e nella pratica del tempo, il concetto di mediazione e i possibili oggetti di questa! Conviene riconoscere che era un tentativo per generare confusioni e per far credere che l’ingerenza eventuale di Principi dovesse essere considerata come un indebito intervento nelle faccende interne della Repubblica. Ciò sarebbe stato conforme a verità, se si fosse potuto provare che il De- (1) Arch. St. Venezia, Sen. Roma Exp., f. 76, 8 maggio 1756. (2) Arch. St. Venezia, Sen. Roma Exp., f. 76, 24 luglio 1756. (3) Arch. cit., 1. c. — 167 —