CAPITOLO TERZO re imo scisma sempre fatale per la Chiesa e sicuramente non di vantaggio allo Stato. La disposizione del Decreto 7 settembre,, che, a quanto affermava il Senato, era stata emanata per provvedere al bene della stessa Chiesa, si risolveva invece in una vera imprudenza (la si chiami così), essendo diretta a porre in lotta i Vescovi col Sommo Pontefice. E poi, nell’ipotesi di dubbio circa la competenza di concedere una grazia, se cioè questa spettasse al Papa o al Vescovo, chi l’avrebbe risoluto se non l’Autorità laica e, in ultima analisi, il consultore? Poteva essere questo ammesso dalla Chiesa Cattolica? Per essere conseguenti ai principii del diritto divino, era necessario rispondere negativamente. In realtà infatti la concessione di grazie spirituali è attributo proprio ed esclusivo della Chiesa, la quale sola è giudice riguardo alla competenza, in materia, dei propri magistrati (1). Quanto al capo delle Indulgenze, le istruzioni sorvolavano sulla parte dommatica, per cui esse dovevano considerarsi di esclusiva spettanza della Chiesa alla quale sola competeva ancora l’accordarle in quella quantità e forma, che essa avesse creduto più conveniente al bene spirituale del popolo. Il Decreto, che parla di abusi, perchè « vengono impetrati brevi di indulgenze, di privilegi... senza osservarsi la debita economia e discrezione » (2) in virtù di che si rendeva necessario il provvedimento mieri, De Romano Pontífice, Prati, 1902, p. II, c. I, pag. 445 e segg., e per un’esposizione sintetica, Cavacnis, Institutiones juris publici eccli, Ro-mae, Desclée, voi. II, cap. II, n. 53, pag. 35. Dal punto di vista storico: Bottalla, L’autorità infallibile del Papa, Palermo, 1880, sez. VII, pag. 126. Documenti molto importanti in Denzincer-Banwart, Enchiridion, Fribur-gi, 1928, ai nn. 466, 1500, 1506, 1823, 1828, 1961 e segg. (1) L’affermazione è fondata essenzialmente sul principio di netta distinzione delle due Società: la Chiesa e lo Stato. Il limite di competenza delle facoltà dei Vescovi nelle concessioni di grazie è naturalmente un limite imposto dallo stesso diritto costituzionale della Chiesa: ora trattasi quindi di una determinazione o già stabilita per diritto divino o per diritto ecclesiastico: ma in ogni caso avendo essa per oggetto la potestas episcopalis come potestas regendi, è di sua natura spirituale: conseguentemente deve spettare esclusivamente alla Chiesa, per il principio « in spi-ritualibus, potestatem nullam exercere valet societas civilis », il che combatte anche la tesi regalista della « potestas indirecta in sacra, ratione or-dinis iuridici, idest exterioris ». (2) Decreto 7 settembre 1754. — 88 —