CAPITOLO QUARTO luto che la spedizione della lettera, con cui il decreto era ritirato, fosse segnata « in antecipazione di tempo coll’oggetto, che comparisca preventiva alle ricerche del Papa, dipendente unicamente dalla propria persuasione o dalla gelosa sollecitudine, che non resti nei proprii Stati pregiudicata l’ecclesiastica giurisdizione » (1). Il Papa era rimasto commosso profondamente per tanta squisita bontà di animo, e se ne lodava pubblicamente, parlandone con chiunque in quei giorni si fosse presentato all’udienza, forse anche per la segreta speranza che, risaputo a Venezia tanto compiacimento dell’animo pontificio, si sarebbe trovata una qualche via di accomodamento. Benedetto XIV non nascondeva poi i suoi sentimenti divisi fra la fiducia che il Senato « si rivolgerà ad espedienti » e « la necessità e maggiore giustificazione dei passi successivi, che già aveva riconosciuti indispensabili » se sostenere si volesse il Decreto (2). La Serenissima non si mosse: il Senato fece noto al suo Ambasciatore non avere istruzioni nuove da aggiungere alle precedenti ed attendere con confidenza che il Papa « saprà rendersi persuaso delle pubbliche direzioni » (3). 11) Il lunedì 5 aprile 1756, senza più esitare, il Pontefice promosse alla Porpora nel concistoro Monsignor Archinlo, governatore di Roma, e i sudditi di otto Corone, escludendo Venezia e lasciando vacanti tre cappelli (4). Di fronte a questa realtà l’Ambasciatore protestò con Monsignor Rota, dichiarando che gli antichi titoli e le benemerenze verso la Santa Sede, non meritavano davvero questo trattamento : tesori e sangue aveva versato Venezia per la Chiesa, per l’onore di questa e per la difesa della religione cattolica: (1) Arch. St. Venezia, Disp. Roma Exp., f. 39, disp. 353, 3 aprile 1756. (2) Arch. cit., 1. c. (3) Arch. St. Venezia, Sen. Roma Exp., f. 76, 2 aprile 1756. (4) La mancata promozione del suddito veneto diede occasione ad una spiritosa satira di Pasquino a Roma, cosicché « il Papa andò su tutte le furie (mi si confida che lo stesso Nunzio abbia avuto commissioni formidabili di indagare se mai il parto satirico fosse stato conceputo qui nella dominante, poiché quella pontificia mente stravolta, sembra che n’abbia sospetto e lo faccia particolarmente cadere su la degna persona del Dr. Mon-tegnacchi » Arch. St. Venezia, Inquis. Stato, Ref. Confidenti, busta 637, 3 luglio 1756. — 156 —