LE CONFERENZE DI VENEZIA ¡delegati insistettero per assicurare che il Decreto non aveva voluto por mano ai voti religiosi. Il Nunzio dovette dichiarare di « essere caduto egli ancora nell’equivoco di Roma » (1), giacché l’accusa di inframmettenza nei voti era accennata in uno dei biglietti del Pontefice. Alla fine dell’esame dei singoli articoli, ritornati sull’argomento generale, due sole cose osservò il Nunzio : l’una, che quel Decreto nel senso delle parole era molto più largo certamente di quello che forse non lo fosse nella-mente di coloro che l’avevano concepito : l’altra che « al male intrinseco del Decreto si aggiungeva la moltitudine degli argomenti che si erano voluti abbracciare, dandogli per tal modo aspetto di legge riformatrice in pieno dell’ecclesiastica disciplina », cosa non conveniente ai Principi. Il Nunzio pontificio aveva preso viva parte a questa conferenza, e diligentemente aveva scritto gli appunti da trasmettersi alla sua Corte. Ma Monsignor Branciforti non potè a meno di far comprendere d’esser dolente che l’affare fosse caduto nelle mani dei Cardinali, perchè si doveva sperare più franco e più felice risultato dalle risoluzioni del Pontefice che da quelle dei sette membri del S. Collegio. Così i Delegati uscirono da questa conferenza ancora una volta convinti che non si era fatto un passo di più di quelli che erano stati fatti fino allora, e quindi che l’avvenire avrebbe riservato nuovi e dolorosi provvedimenti. (1) Arch. Stato Venezia, Sen. Roma Exp., f. 75. All.: Relazione dei .Deputati alla Conferenza, 4 settembre 1755.