SCRITTURA DI SEBASTIANO FOSCARINI Serenissimo Prencipe, Un pregievole, e rispettabile comando di V. Serenità del giorno 9 xbre decorso m’impone il debito di esercitare la tenuità mia nell’esame di una materia tanto implicata per la sua mole, quanto difficile, e pericolosa per gl’infiniti rispetti suoi di esterna politica, ed interna polizia e disciplina. Devo dunque referire qual mètodo assolùtamente si osservi nel licenziamento de’ Brevi, ed altre carte ecclesiastiche, da quali persone venga sostenuta così gelosa incombenza, e quali siano le leggi nel proposito. Basterebbero questi oggetti, e queste immagini per abbattere il mio debolissimo spirito, e pure devo risentire un nuovo carico e un maggior peso dal riconoscere, che questa medesima incombenza fu nel 1751 demandata all’egregia virtù dell’ecc.mo sig. Polo Renier, il quale per la delicatezza, e importanza dell’argomento stimò prudente consiglio di deferirne l’essequzione; il che se promosse il benefizio di tener ocultissimo, e sepolto un tema, che avrebbe recato sommo irritamento, e disgusto alla corte di Roma, e per conseguenza pericolo ai negozi, che con la benedizione di Dio si sono poscia terminati, defraudò poi, e tolse a V. Serenità un valido ed autorevole presidio capace a condurre la pubblica sapienza alla vera cognizione dei mali, ed alla scelta de’ rimedij più salutari, e più prudenti, e a me sarebbe risparmiata la mortificazione di comparire non solo noioso ma inutile al bene della materia, ed al pubblico venerato servizio. Per correggere però, e bilanciare tante mancanze mi è parso necessario di prendere per compagni, e per guide nel disastroso cammino li SS.ri Consultori in jure ordinario, ed estraordinario, i quali per i precedenti esami prestati a questo medesimo argomento, e per debito d’uffizio, e per comando preciso di V. Serenità mi hanno di continuo sostenuto, e mi lusingo eziandio guidato a quella meta, alla quale se non potrò pervenire con laude, comparirò certamente libero da qualunque rimorso, avendo contribuito il mio più attento studio, ed il più indefesso travaglio nel visitare le parti dell’importante, e delicata materia, della quale, se mi riesce di esibire alla virtù di VV. E. E. una idea chiara, e distinta, mi persuado a ragione, che vorranno accorrere prestamente colla loro sapienza, ed auttorità, così per moderare gli abusi, come per istabilire que’ compensi, che salvino per sempre gli cospicui riguardi della vera disciplina del buon costume, dell’utile pubblico, e della nostra santissima religione. — 233 —