LE CONFERENZE DI VENEZIA Nunzio che le rinunzie e le coadiutorie rarissime volte si concedessero, che le concessioni graziose, che si davano ai regolari, non fossero concesse senza le attestazioni dei superiori locali e provinciali, che in un anno per le spedizioni graziose non uscissero fuori dello Stato Veneto più di scudi diecimila. Tutto questo — si sarebbe dovuto osservare al Nunzio — non era esatto, sia perchè riguardo alle coadiutorie il Montegnacco poteva provare col fatto il contrario, tenendo egli parecchie bolle di impetrazione nelle sue mani, le quali documentavano non esser tanto rari i ricorsi quanto si era asserito : e dato poi che il Concilio Tridentino, accettato dalla Repubblica, vietava que- sare le obiezioni del Nunzio pontificio. Se non che bisogna pur vedere quale fosse il significato preciso di queU’afferniazione. Facilmente lo si rileva da uno scritto dell’Ab. Cestari (Lo spirito della Giurisdizione ecclesiastica sull’ordinazione dei Vescovi, Napoli, 1728, pag. 2 e segg.), nel quale si sosteneva che se al Principe non spettava il diritto di decidere su controversie di fede, gli spettava almeno di giudicare sull’opportunità della promulgazione del giudizio della Chiesa, sulla maniera di tale promulgazione, sui mezzi più opportuni perchè quel giudizio fosse osservato. Il che portava quindi necessariamente ad un sindacato sull’azione della Chiesa nei riguardi della sua missione, sindacato che si estendeva alle materie strettamente di culto o liturgiche e che — e questa è la parte che più stava a cuore ai giurisdizionalisti -— era diretta verso l’attività legislativa della Chiesa, così da dar luogo a quella lotta contro le bolle pontificie che non erano soltanto di sapore politico (e l’esempio tipico era dato dalla Bolla « In Coena Domini »), ma erano vere e proprie costituzioni dogmatiche, al punto da stabilire questa placitazione col pretesto che « una cosa è la virtù che ha una bolla siffatta di obbligare in coscienza il fedele a credere nella proposizione che essa promulga come dogma, ed una cosa è l’efficacia che verrà a questa bolla, dall’entrare a far parte del gius comune riconosciuto e praticato dallo Stato: la prima forza è propria alla bolla domina-tica per sua natura e lo Stato non può toglierla ad essa; la seconda le viene dalla sovranità statuale la quale deve pur anche avere il diritto di rifiutargliela ». Jemolo, Stato e Chiesa, op. cit., pag. 104 e segg. È proprio la tendenza del secolo « perchè non potrà il sovrano di un popolo cattolico anche le costituzioni pontificie che decidono dogmi, soggettare alle condizioni del placito o impedirne la promulgazione nel suo Stato, finché non sia accertato dal libero concorso degli altri Pastori della Chiesa nel sentimento del primo che la decisione è in regola e conforme alla verità rivelata? » Discorso sulla necessità del regio exequatur per le bolle domma-tiche e per i decreti dei Concilii in « Raccolta di opuscoli interessanti la Religione », Pistoia, 1783, t. IX, pag. 173 e segg. — 107 —