LE CONFERENZE DI VENEZIA tiam dei pesi inerenti ad un determinato beneficio o ad una determinata Chiesa. Il peso talvolta superava la rendita, e allora la Chiesa, come ogni altro giudice, anche secolare, doveva ridurre secondo giustizia la lesione. Il che si faceva sempre « au-ditis interesse liabentibus » (1). 3) A complemento delle istruzioni di indole canonica riguardanti i gravami derivanti dal Decreto, il Pontefice volle che il Nunzio fosse edotto dei danni inferiti non solo negli ultimi anni, ma ancora attualmente nel Veneto Dominio alla disciplina ecclesiastica, dei quali era buona occasione chiedere riparazione. Benedetto XIV voleva con questa esposizione far comprendere come la Repubblica già da tempo offendesse l’autorità della Chiesa e come con longanimità finora egli avesse tollerato, ciò che ora non avrebbe voluto e potuto più sopportare. La Repubblica infatti nelle cause beneficiarie più non distingueva il petitorio dal possessorio, e sull’uno come sull’altro, indiffe- permittantur »? Il Concilio Tridentino interdisse in tutti i benefici la possibilità di un jus successionis : fece però una eccezione nello stesso capo per le Chiese cattedrali quando « urgens necessitas aut evidens utilitas postulet », il che confermerebbe maggiormente l’esclusione di tutti i benefici inferiori. Ma la disposizione conciliare, per consenso comune della dottrina, doveva essere interpretata come un monito che non tendeva certamente a togliere all’autorità dei Romani Pontefici, ma che invece doveva servire di regola per non facilitare queste concessioni di Coadiutorie ed altri benefici cum jure successionis se non in quei casi in cui « re ipsa debitae circumstantiae id expostulent, cum nempe alia revera non suppetat ratio, Ecclesiarum necessitatibus consulendi ». Questa interpretazione aveva il suo fondamento nelle espressioni dello stesso Sacro Concilio in cui era dichiarato solennemente, che nonostante tutti i decreti « de morum rejormatione atque ecclesiastica disciplina » emanati dal Concilio stesso, « salva semper auctoritas Apostolicae Sedis et sit et esse intelligatur » (Sess. XXV, c. XXI, De Reform.) Successivamente al Concilio Tridentino, dispense furono concesse: ma naturalmente, e su questo punto Benedetto XIV insisteva, bisognava sempre che si trattasse di necessità (la cui determinazione spettava solo all’autorità della Chiesa) e il Coadiutore doveva essere scelto « Beneficio dignum aptumque ad recte ac sedulo implenda munera quae ipsi dum designatur Coadiutor cum futura in idem beneficium successione, exercenda demandatur » (De Synod. Dioec., op. cit., tom. II, libr. XIII, c. X, n. 29, pag. 155). (1) La questione sulla riduzione delle Messe è svolta ampiamente in De Synodo Dioec., op. cit., t. II, lib. XXV, c. 25, n. 18, pag. 266. — 93 —