OSSERVAZIONI SOPRA LI FALSI PRINCIPI, ECC. Questo, in buona lingua, è proibire il ricorso al Sommo Pontefice se prima e li Vescovi non lo accordino ed il Senato non lo permetta. Nella Circolare (con cui si è dato ad intendere di dilucidare il Decreto, ma che a dire il vero lo confonde e lo rende più imbrogliato e col quale anzi si rinnovano le ingiurie alla S. Sede) pare, che non si ricerchi la previa attestazione dei Vescovi, dicendosi: Grave ci è riuscito che l’articolo, il quale ha rapporto alle Indulgenze sia stato alla Serenità Vostra rappresentato per un espediente di render ligia! la suprema Autorità Pontificia da quella dei nostri Vescovi; supponendo, che con ciò si voglia da Noi, che essi prima esaminino le cause e le condizioni di tali concessioni. Ma se veramente non si voglia, che li Vescovi prima esaminino le cause, e le condizioni di tali concessioni, non si vorrà dunque che preceda una legale attestazione dei medesimi, che tali Indulgenze abbiano a servire d’edificazione; poiché tale attestazione non può farsi senza qualche esame; e cosi pare che si receda dalla disposizione del Decreto. Ma tosto si aggiunge nella Circolare: Gli ordinari Pastori sono quelli, che sul luogo pomo conoscere questo fatto, ed abbiano perciò desiderato (col Decreto però non si desidera ma si comanda) che prima che la Serenità Vostra fosse importunata, lo rimai esagerarli in una pubblica Carta, per non dar ansa a certe persone di cui estendino l’attestazione. Dalle suddette contradizioni si cava poi nella Circolare questa conseguenza: Onde all’atto, che vengano presentati i Brevi, si abbino ancor presenti le Vescovili attestazioni. Ma la vera conclusione è, che sebbene attese quelle contradizioni, non s’intenda se il Senato voglia le attestazioni preventive o simultanee; si conosce però, che vuole egli aver ingerenza nella dispensazione delle Indulgenze, e così render soggetta la Potestà Ecclesiastica in una materia, che è tutta spirituale. Ne può giustificarsi questa incompetente prescrizione del Senato, perchè tenda essa a togliere il mal uso che si faceva di queste spirituali grazie con fini di intere se, di vanità e talvolta peggiori. Imperocché quando anche vi fossero stati tali disordini, non conveniva mai esagerarli in una pubblica Carta, per non dar ansa a certe persone di farne cattivo uso; ne si doveva tentare di levarli in una forma incompetente. Poteva farsi una insinuazione alli Vescovi, acciò non permettessero che fossero pubblicate, indifferentemente, tutte le Indulgenze. Doveva darsi il braccio a Vescovi, acciò non permettessero i delinquenti. Era facile ricorrere alla S. Sede, acciò Ella vi ponesse qualche rimedio e quando anche non avesse voluto il Senato, servirsi di tali mezzi convenienti, non averebbe egli potuto, col negare in circostanze ragionevoli il Regio Exequatur, impedire senza alcun strepito qualunque disordine? Ma si ha voluto non per via di solo fatto, ma per via di diritto, tentare di render soggette le Grazie spirituali alla potestà secolare. E questo è l’unico fine, che si otterrebbe col Decreto, non già quello di togliere i disordini, che vi fossero in tal materia. Poiché se il Vescovo per avanti era facile nel permettere la pubblicazione di ogni e qualunque Indulgenza, sarà tale anche in avvenire, nel rilasciare le attestazioni. - Quei Vescovi poi, che erano più discreti ,e che per mantenere il vigor della — 303 —