TENTATIVI E PROVVEDIMENTI PONTIFICI Il complesso delle circostanze rendeva più facile il compito ai bene intenzionati, di modificare molte opinioni ad uomini di governo, che, se avessero parlato, sarebbero stati tanto più ascoltati quanto maggiore era la loro autorità e nota la loro iniziale disposizione a difesa del Decreto. Il vecchio procuratore Emo credette giunto il momento di parlare al Renier. Un lungo colloquio, durato cinque ore, ebbe esito insperato, perchè il Renier finì per rimuoversi dalle sue idee, e, pure mostrandosi riservatissimo con tutti, il suo mutamento doveva presto essere fecondo di ottimi risultati in Senato. In realtà si comprendeva perfettamente la necessità di accogliere un accomodamento, al quale, benché la gioventù si dimostrasse ancora contraria, la parte dei più anziani ormai piegava per togliere idi imbarazzo la Repubblica. Era uno dei momenti più gravi, per le decisioni, che sarebbero prese, e per le nuove difficoltà create dal Breve pontificio. Lo dimostra la rapida successione di provvedimenti di polizia attuati in Venezia: sorvegliato e spiato Monsignor Nunzio (1) quasi per timore che egli tentasse per vie segrete di violare le disposizioni della Repubblica concernenti le relazioni dei suoi sudditi coi ministri forestieri residenti in Venezia; costretti al domicilio della propria casa Costantino Memo (2) e Francesco Foscari (3), sospetti di informare l’Ambasciatore canonico che spettava alla Chiesa nell’occasione dei ricorsi dei sudditi veneti per le dispensazioni, ma solamente un esame economico e politico » con quanto disponeva il Decreto in materia per es. di Indulgenze. Pare difficile pensare a ragioni di economia e di politica in una disposizione concernente l’acquisto di favori assolutamente spirituali. Quanto alle conseguenze che potevano derivare e di cui lo Stato doveva tener conto, vedi quanto sopra si è detto. (1) Arch. Vatic., Nunz. Venezia, voi. 217, c. 359, 27 dicembre 1755. (2) Arch., Vat., I. c. (3) Arch. Stato Venezia, Inquis. St. ■ Ref. Confidenti Zaniboni, busta 637, lettere diverse, 1755-57. « Il Senatore colpevole non può essere altri che Francesco Foscari dì San Pantaleone », affermava il confidente Zaniboni agli Inquisitori di Stato (lettera 23 aprile 1756). Già il confessore del Nunzio, aveva detto che sapeva tutto quello che succedeva « a mezzo di un Senatore » (lettera 24 aprile). Incaricato di indagare profondamente, il confidente Zaniboni aveva potuto stabilire che il Nunzio aveva informato il Card. Segretario di Stato che il procuratore Foscari, padre del Religioso teatino, si sarebbe — 127 —