LE PROTESTE PAPALI E LE PRIME TRATTATIVE DIPLOMATICHE fossero offensive della Santa Sede, ma anche il proposito di fare oggetto di spiegazione di altre, ed altre tagliarne senz’altro. Escogitò la idiplomazia pontificia un altro tentativo per vedere se si fosse finalmente potuto ottenere il desiderato cenno di risposta. Chi aveva lavorato maggiormente per far sospendere i provvedimenti pontifici era stato Monsignor Rota. Toccava dunque a lui agire come persona privata, che, dal ritardo frapposto dal Senato nel rispondere, si sentiva più direttamente toccato. Il Papa infatti avrebbe potuto incolparlo anche di « tradimento » e di aver pregiudicato l’affare con le sue insistenze. Si decise che Monsignor Rota a nome proprio, mandasse un biglietto confidenziale aH’Ambasciatore Veneto. Il 22 febbraio 1755 il Segretario della Cifra scrisse « non come Ministro del Papa, ma come suo vero servitore, e, se mi è permesso il dirlo, come suo amico e come quello, che mi conosco in debito, e per gratitudine e per genio, di far conoscere in tutte le occasioni il mio sincerissimo ossequio ed attaccamento per la Serenissima Repubblica » (1). Ricordò all’Ambasciatore che non essendo ancora venuta la tanto attesa risposta e continuando, oltre a ciò, « le offese inferite dallo stesso Decreto a Sua Santità e ai diritti della Santa Sede », nuovo argomento si insinuava, per dubitare della sincerità del Senato. Per questo egli purtroppo prevedeva -— per quanto gli era stato possibile penetrare — che il Santo Padre avrebbe deciso nuovamente di venire ai passi forti già concretati. Servendosi delle assicurazioni dell’Ambasciatore, aveva potuto trattenere fino allora lo sfogo al risentimento del Pontefice, ma, prolungato l’indugio, non sapeva più come comportarsi e si vedeva esposto ai rimproveri di Sua Santità. Egli perciò supplicava l’Ambasciatore « per l’onor di Dio a far riflettere che l’affare è serio più di quello uno possa immaginarsi, e che, se il fuoco si accende, non sarà facile lo smorzarlo » (2). E concludeva con nuove professioni di riverenza verso il Ministro di Venezia, al quale rivolgeva preghiera di non voler far uso di questo biglietto con alcuno, e tanto meno col Senato, (1) Arch. St. Venezia, Disp. Roma Exp.., I. c. Inserto: Biglietto confidenziale di Mons. Rota. (2) Mons. Rota prevedeva che i passi forti il Papa li avrebbe dovuti fare e Benedetto XIV già ne accennava alcuni in una sua lettera. V.: DE Heeckeren, Correspondance, op. cit., t. II, 12 marzo 1755, pag. 400. — 77 —