APPENDICE Per divertire gli incomodi ai riguardi nostri ci siamo contentati di esigere questo atto di rassegnazione, cioè, che ci siano prima rese note le dimande da farsi per ottenere il beneplacito. Onde apparisca che non pretende il Senato nè di dispensare nè di esaminare le cause canoniche, ma di versare solamente sui propri riguardi, e si contenta di esigere questa rassegnazione, per poi concedere, ovvero negare il beneplacito. L’effetto adunque di quest’ultimo capo del decreto si è: Che il Papa non possa dispensare dalla legge del Concilio, sebbene vi concorressero le cause canoniche : ma debba in ciò dipendere dalla volontà del Senato, da cui sarà fatto un previo esame di altre cause, in ordine alle quali sarà dallo stesso Senato o permesso o impedito al Papa, di dare la dispensa. Troppo sono visibili gli abbagli, sui quali sono fondati li motivi, per cui il Senato Veneto professa di non poter condiscendere alla sospensione del Decreto. Dicesi in primo luogo: Che con tal sospensione si verrebbe a cedere la controversia, senza trattarla. Qui si confonde la sospensione che in se stessa è condizionata, con l’assoluta revocazione. Questa distruggerebbe il Decreto; ma la sospensione mantenendo l’esistenza del Decreto, significa, che è in controversia la di lui sussistenza, e quindi per qualche tempo impedisce l’esecuzione, finché sia trattata la controversia. Onde con la sospensione non si cede la controversia senza trattarla, ma si mette anzi in istato di dover essere trattata. Di poi si aggiunge: Si pregiudicherebbero nel diritto e nel possesso. E quanto al possesso dicesi, che si tratta di una legge, che oramai per tempo non breve, viene eseguita. Ma lo spazio di due anni e mezzo è troppo breve per far ragione di possesso. E quando anche fossero passati più anni, le replicate contradizioni della Santa Sede fatte a quella legge tostocchè fu pubblicata, e che sonosi sempre continuate, avrebbero reso vizioso e illegale, e per conseguenza inutile, qualunque benché lungo possesso. Quanto al diritto si dice: Confessaressimo di non avere il Principe secolare facoltà di far leggi su li propri sudditi e sulla disciplina esteriore della Chiesa prescritta dai Canoni. E da quando in quà un Principe Secolare cattolico ha mai preteso di aver facoltà di far leggi sulla disciplina della Chiesa? E se si confessa, che la disciplina è prescritta dai canoni, come mai può il Principe Secolare alterarla con le sue leggi? Alla sola potestà Ecclesiastica, che ha stabilito la disciplina, appartiene, occorrendo, farvi sopra nuovi provvedimenti: ed il Principe secolare deve proteggere e difendere le ordinazioni della Chiesa, come di Lei protettore; ma non può fare Egli nuove prescrizioni, essendo quest’offizio non di protettore, ma di Legislatore ecclesiastico. Si aggiunge a proposito del diritto: Parerebbe che si spoglieressimo di quella Autorità ricevuta da Dio, e per lunghissimo corso di secoli fin qui inviolabilmente esercitata. Ciò non può mai certamente parere, a chi sà che li Principi Secolari non hanno ricevuto da Dio una potestà illimitata, ed a loro arbitrio; ma — 314 —