170 CAPITOLO XII. struttane dei precedenti riconosciuti difettosi e che certamente non si conservavano, come si fa ai nostri giorni, per amore della storia dell’arte. Ma a che mi trattengo adesso sforzandomi di ricavare per via d'induzione l’esistenza di carte nautiche e di portolani veneti anteriori al secolo XIII, quando possonsi vedere i Veneziani prender parte solenne a quasi tutte le forme del rifiorimento della geografia, cho comincia appunto in quel secolo e che tanto sviluppo assunse nei successivi? Poiché, so è gloria italiana e quasi esclusivamente italiana, quello espandersi meraviglioso di viaggiatori e di mercanti sulla faccia della terra e quel fervido ridestarsi e abitarsi delle ideo e degii studi geografici che contraddistinguono il periodo, che vide dipingere Giotto, ¡>00tare Dante e Petrarca e novellare il Boccaccio; parte essenziale, se non prima, di quella gloria, spetta a Venezia. Fin allora la geografìa, come dicemmo, in occidente par cosa morta. Qualche barlume di coltura, destato dalla permanenza delle memorie classiche o dalla necessità dei traffici o delle conversioni religiose, avea brillato per nn istante in Irlanda, e alle corti di Carlo Magno, di re Alfredo e di papa Silvestro ; 1' eco di qualche giusta dottrina avea suonato sulla bocca di Virgilio da Salisburgo, di Rabano Mauro o di Beda ; ma. nel complesso, l’occidente, in questa palestra, era stato vinto dall’oriente, la gente aria dalla semitica, il cristianesimo dall’ islamismo, e il primato nella geografia, in tutte le sue manifestazioni, era in piene mani degli Arabi (i Greci non vi tengono che una parte secondaria, quantunque non trascurabile) e vi rimaneva fino pressoché a tutto il secolo XII. Col XIII esso torna all'occidente e vi torna per merito principale, se non esclusivo, degl’italiani, in cui potere rimane fino al XVI.