332 DELL’ HISTORIA VENETA 1654 mici, e cambiatoli vento, che favorevole cominciò a fpirare-iìoìamba. da terra, s> a dd ri zzò con tra la nave Capitana de’Turchi. Stret-tìjìa Sej/a, to l’abbordo, Giovan Battifta Sefla, Sargente Maggiore, vi fi slanciò dentro con alcuni foldati, e tagliato a pezzi chi re-fifteva, la fottomife. Quattordici vafceìlj , eh5 erano forti Torto la punta di Natòlia, fi moflero a ricuperarla, & il Delfino contra tanti non potendo difenderla , fpogliata dell’ infe-gne, l’abbandonò . Poi profeguendo il viaggio , appefi per vele a fufti rimarti degli arbori, lenzuoli, & ogn’ altro drappo , feguitò le navi della fua fquadra. Quefte ufeite dal canale nel principio della mifchia, havendo veduto arder alcuni legni, c fapendo eifer la Capitana rimarta tra il più folto degl’ inimici, la credevano certamente perduta, e perciò fen-za mirar più addietro, havevan’ innalzato l’infegna di quel- lo, acuì per 1’età toccava il comando . Hora fcopertala, che appena poteva più foftenerfi, calate le vele l’attefero, accogliendola con gran fefta, e con officii di allegrezza, & ap-nanntiof- plauf° • La fera il Capitan Bafsà diede fondo a Troja , più ftrt* Jair contento di cifere uicito da’cartelli, che afflitto del danno , TZhfis. ancorché non leggiero , havendo perduto mille cinquecento Gianizzeri, altrettanti ferventi d’armata, due vafcelli incendiati , una maona aperta fopra le fecche , cinque galee fatte inhabili, la Reale rteifa così maltrattata , che convenne at* tender da Coftantinopoli il cambio . Egli rteifo era in un braccio leggiermente ferito. Il Delfino, riaifettata nel miglior modo, che gli fù permeilo la nave , voleva la mattina feguen-te portarli con tutta la fquadra ad aifalire i Turchi sù ’1 ferro, ma il vento glie lo impedì ; onde pafsò a Trio , dove il Fofcolo fi ritrovava . Sopra la fua Capitana fi contavano "imitavi. ^ cent0 mort* j e fopra le galeazze fettanta, con molti Zté.* *' feriti, oltre le genti delle due galee, e delle navi abbruciate , eh’ erano quafi tutte perite. Nondimeno il danno fi com-penfava con la gloria di sì celebrato cimento, non mai combattutoli con minor forza, e con maggior animo. Perciò in Venetia fù cantato il Te Deum, e dati premii a’più meritevoli , & al Capitan Curtio particolarmente. Anche da Coftantinopoli il Sultano , per animar Amurat, gli mandò in dono la verte, e la Sabla j ma fù di meftieri all’ armata a Me- , te-