74 le campane nella Campania, essendo limitato invece il merito del vescovo di INola alla introduzione dell’ uso nelle chiese, o per invitare il popolo ai divini uffizii, o per numerarsi l’ore canoniche. Il quale uso passò pure »elle chiese di Oriente fino alla presa di Costantinopoli, avendo continuato allora soltanto in alcuni rimoti sili della Grecia; per il pretesto dai Maomettani introdotto, che quello strepito turbar potesse, secondo le idee loro superstiziose, il riposo delle a-nime erranti per 1’ aria, ma veramente per il timore, che servisse di segnale all’ oste, nella occasion di rivolta. I Veneziani poi, famosi nel mondo per la sterminata estensione del traffico, vasto subbietto esso solo a ben pingue storia di glorie, che avendo apprese alcune arti dai Greci seppero vincerne i maestri, erano in sommo grado periti specialmente nella fonderia dei metalli, per cui tenevano ben dodici fonderie anche nel Ghetto, onde da qualche cronista si opina, forse gratuitamente, che Getto fosse perciò il nome originario di quel sito in cui si congregarono dopo gli Ebrei, nel 4516. Attendendo alla testimonianza del Filiasi, sino dal IX secolo sarebbe stata la fonderia delle campane in fiore sulle lagune, quando le nazioni europee erano affatto ignoranti dell’ arte, e si avrebbe recala questa nientemeno che dagli esuli Veneti. Infatti le antiche leggi parlano del bronzo lavorato e greggio, che i nostri portavano agli esteri, e gli esteri venivano dai nostri a comperare. Ed è ormai familiare la notizia, che l’imperatore Basilio, appena assunse la porpora, nell’ inviare al doge di Venezia Orso Partecipazio le insegne e il titolo di proto-spatario, gli chiedeva alcune campane, ad uso di una chiesa che fabbricavasi allora in Costantinopoli. E narrano il Dandolo e il Sagomino, vissuto al tempo degli Orseoli, che quel doge, corrispondendo al desiderio del monarca, gliene regalava dodici, di assai grosse e assai belle, consegnate ad un apocrisiario venuto a bella posta nelle lagune