D’AQUILEIA, GRADO E VENEZIA 91 ti. Toccando S. Gregorio Nazianzeno dei durati assedii di Aquileia, scrive, che più volte si copersero quegli abitanti di gloria, e saluta come insigne la città fra tutte quelle dell’Occidente, per aver saputo sostenere coi re stessi e coi principi acerrime e frequenti battaglie. Piè a torto esalta egli quei prodi, se i più stupendi fatti ricordatisi del memorabile assedio che durò 22 giorni, e tra gli altri quello di una esimia matrona, il cui nome era Degna, e ben meritava appellativo più alto, se ebbe la intrepidezza magnanima, nel momento che i Tartari assalivano la patria, conscia già come non conosceva confine la loro brutalità, di correre in cima ad una torre che dominava il Natisone, e dentro di quello precipitarsi. Molli furono gli uomini famosi ed i santi che in Aquileia fiorirono, e S. Canziano, e S. Ermagora, col socio del suo martirio S. Fortunato, e il papa Pio I, e S. Ciro, e S. Epifanio vescovo di Pavia, e Cremazio vescovo di Aquileia, e Paolo Diacono scrittore della storia dei Longobardi, e il celebre Ruffino, uno dei più dotti del suo secolo, tanto nelle sucre che nelle profane scienze, e notissimo per le dispute ch’ebbe con S. Girolamo, per le sue vicende e pei suoi viaggi. Il quale dimorava talvolta in un monastero, situato su di un sito esterno della laguna, in mezzo ad una selva di pini, detta perciò Pitielo; che formava parte dell'antico Equilio, di cui toccheremo, oggidì Cavallino. La grandezza ecclesiastica di Aquileia puossi dire che di gran lunga però prevalesse alla sua civile prosperità, talché fiorì nel suo seno un longevo e ben famoso patriarcato, di cui era sommo il potere, quanto la mensa agiatissima. Ma non tutti per rettitudine e purità di vita si distinsero que’patriarchi, che il numero di cento oltrepassarono, giusta il Rubeis, che cene offre il circostanziato catalogo, e caddero infatti nientemeno che nello scisma l’anno 853, e le conseguenti miserie durarono fino al 698. È da ascriversi poi al patriarca Pepone il merito di aver la