SIC0LÒ CONTARHI 3S7 uno dei pochi fra i caccintori, veramente segnalati e distinti. E pareva che natura gli avesse a bella posta informato per tanta missione le membra ; erano erculee infatti le sue forme, la tempera ferrea rendevalo già superiore a qualunque atmosferico squilibrio, da non aver mai abbisognato nemmeno degli usati schermi di contro alle alterne ire delle stagioni nemiche; tanto è vero che giunto era a toccare il settantesimo anno in condizione tate di sanità e robustezza da apparire appena nel mezzo del cammin della vita. Fu però crudele con sé stesso, affaticando con soverchio cimento quella sua tempra nestorea, fino a contrarre grave e complicato un morbo, che fu il primo e l'ultimo della sua vita, e bastò allora a prostrarlo alla melanconia il medico divieto di tornare, se guarito fosse, alle abitudini della caccia, e l’invito di vestire la maglia, quasi usbergo dell’offeso suo petto. Pure sopportò il Contarmi la disperata sicurezza dell’ e-stremo fato, con quella bontà, eli’ era in lui caratteristica, e soave, e continua, e squisita. Mai vanitoso o di sè presumente, credo che avrebbe, come l’Olivi, giurato, che se gli era cara la fuma, gliel’era soltanto per meritare le amicizie, e di queste ne godeva di numerose e d’illustri, e di celebri naturalisti, ed era suo intimo un Massimiliano Spinola genovese, e intimi pure gli furono i già ricordati Voeldicke e Gene, quest’ ultimo non ha guari, in età verde, rapito all’onor della scienza, e alla stima dei suoi più insigni cultori. Saggio, prudente, visse sempre in pace con tulli, arte difficile e che ammette sublimità di morali principii in chi, per l’ingenuità del carattere, manca della finezza del dissimulare, e sempre opera di quell’amore, che riposa nel profondo delle anime pure, come una goccia di rugiada, direbbe un poeta, nel calice di un fiore. Non mai udivasi quindi uscir parola, a danno di chicchessia, dal suo labbro, ed era senza fasto e popolare, come indifferente ai sogghigni della beffarda fortuna nel-