-188 ir- palazzo pubblica in gran pregio, e per essa lavorava la porta magnifica e piramidale, delta della Carta, sopra disegno suo, approvato dalla Signoria, come da contratto ch’esiste. Bar-tolammeo vi pose mano bensì con lui, e ha compito quel-I’ opera, ma si usurpava il merito del padre, alla sua morte, col vantarla sua, intagliandovi le parole: Opus Barthoìomeì, che furono per i cronisti e gli storici la pietra d’inciampo. Quindi, su quel supposto, si attribuiva al figlio anche il di-sagno di questo palazzo, e per questo è a notarsi, che forse commetteva il doge a Bartolammeo di continuarvi il terzo ordine, che certamente assai dopo fu aggiunto. Così la mano di entrambi gli architetti lasciava l’Impronta del genio in questo capo-lavoro, eh’è veramente stupendo e magnifico. Sembrano infatti tanti gioielli, incastonati nel marmo, quei traforati pezzi a disegno, costituenti nella facciata la vaga decorazion dei pogginoli, e sono preziosi i rotondi di porfido, ad ornamento tra le finestre; unici rimasti di tanti altri marmi sopraffini, che avranno in origine arabescato il prospetto. Grande è la finitezza del lavoro, per l’intaglio svariato dei capitelli; somma la squisitezza dell’arte, e giocano mirabilmente le proporzioni nelle intervolute quadriarchi-acute fogliate, spiccanti all’occhio da Iunge, per il magistero dell’ architetto; ond’ è segnata l’impronta della vera architettura goticoalemanna, appellata tedesca dal Sansovino, non senza storica ragion d’ arte. Peccato, che nel seicento, e più oltre, si rinnovassero i poggiuoli, alteranti in parte l'integrità della mole, che somigliavano dapprima alle arcuate finestre dell’ ultimo piano fornito ancora d’intercolunni. Questo palazzo si erigeva dai fondamenti nel 1429: ne era possessore Bernardo Giustiniani, della casa di san Lorenzo, primo nostro patriarca. Egli Io proferse alla repubblica, quando seppe che vagheggiava l’acquisto di un bell’ edilìzio, per rimeritare il valore di un Lodovico Gon-