358 NICOLÒ CONTARMI la sua patria, che vide da tante peripezie balestrata. Eppur discendevo d’avi cospicui per sapere e per gloria, nella più temuta e più santa fra le repubbliche della terra; ma parve che egli fosse mosso invece dalla sua natura a brillare in altra men effimera aristocrazia, in quella dell’ingegno e della virtù. E può dirsi emulo del dottissimo suo atavo Jacopo Contarmi, gran mecenate delle lettere, delle scienze e delle arti, che a quel senato, da cui aveva commessa la cura di far rinnovare le pitture, perite per l’incendio del 4575 nel ducale palazzo, donava la preziosa galleria e la biblioteca, ad aumento dei codici del Bessarione. Fu ben detto da Plinio, che il testamento spiega il carattere ed i costumi del testatore, e dà come un compendio e uno specchio di tutta la vita. Il conte Nicolò Contarmi, che lasciò questo mondo sul mattino del 46 aprile 4849, legava al Museo civico Correr la collezione sua di uccelli, di conchiglie e d'insetti, oltre 1’ erbario ricco di piante fanerogame e crittogame, e tutti i libri agli studii suoi relativi. Prezioso è infatti un tal dono per il merito della collezione, del qual genere quel gazofilacio difettava; più prezioso, come testimonio vivo e parlante di tutta la vita di quell’illustre; ma preziosissimo poi, se si considera che quella collezione era la delizia del Contarmi, e, lasciandola egli quindi in dono al Museo, intendeva, con sì caro ed amoroso pensiero da non trovar gentilezza di parole per esprimerlo, di donare tutto il suo cuore alla patria.