254 ALCUNE COLONNE done pure l'esistenza, facea contro soltanto all'argomento della loro derivazione, e concedeva che avessero potuto spettare almeno al tempio, fatto riedificare da Erode, e precisamente ni gran portico detto di Salomone, se al-l’altezza ed ampiezza di esso fosse stata corrispondente la dimensione delle quattro colonne. Ei perfino vedeva coll’ immaginoso pensiero, che ove si provasse un tal fatto, uvrebbero acquistato esse una venerazione maggiore, narrando san Giovanni, I’Evangelista, che Gesù Cristo, in tempo d’inverno, e nelle feste encenie, passeggiava sotto quel portico ; per la qual circostanza, ei disse, sarebbero stati marmi santificati dal suo alito e dal suo contulto santissimo. Concludeva col ritenere, che le dette colutine di serpentino avessero appartenuto piuttosto a qualunque nitro fabbricato, e specialmente di Tiro, di Ascalona, di Rodi o di Lesbo, non però n nessun tempio israelitico di Gerusalemme. Posto io in gran dubbiezza dalla giudiziosa serie delle conghietture, mi venne il genio di scandagliare qual peso aver potesse un’ asserzione, con sì risoluta franchezza millantata dai Cronisti, e che assunse col tempo l’impronta solenne di autorità, da poter trarre per tanti secoli nell’ inganno. Fatti gli esami, ebbi a sorprendere oltre misura, che il mondo intiero sia stato credulo fin ora a così stranamente meravigliosa sentenza. Poiché scopersi, che nella Basilica di San Marco non trovasi colonna alcuna, nè grande, nè piccola, notisi bene, del marmo, così detto, serpentino, dì cui bensì stanno sparsi numerosi frammenti qua e là , e fin anche nel pavimento. Fra me stesso allora fui costretto di argomentare che le colonne prese di mira dai Cronisti, non potessero essere altro che quelle quattro, le quali sostengono dietro I’ aitar maggiore la cappella magnifica ; ma le due di mezzo scorgeva d’altronde essere evidentemente di olabastro e diafane, le altre due di marmo pavonuzzetto. Le quattro